Trainato da turismo e agricoltura, nel 2015 il Pil delle regioni meridionali è cresciuto dell’1%: più che nel resto del Paese. Tornano a crescere i consumi, riprendono timidamente gli investimenti, l’occupazione riparte con ritmi superiori a quelli del centro-nord, anche quella giovanile (+3,9% ). Sono i dati contenuti nel Rapporto annuale dello Svimez, presentato questa mattina, giovedì 10 novembre, a Roma. Segnali positivi, che però non bastano a recuperare il divario accumulato negli anni della crisi, che resta troppo grande per essere scalfito da questa rirpesa.

Un esempio su tutti: il campo del lavoro, nel quale l’unica regione vicina ai livelli del 2008 è la Basilicata, che risulta in generale quella con i risultati migliori; la più povera è la Calabria. E sempre rimanendo nel settore dell’occupazione, il dato complessivamente positivo va letto tenendo conto che a crescere sono i part-time e i lavori poco qualificati. I fondamentali, al contrario, restano negativi: il numero dei nati al Sud ha raggiunto il livello più basso dall’unità d’Italia (170mila), il saldo migratorio negativo è di 653mila unità, per due terzi giovani e con molti laureati. Dieci meridionali su cento risultano in condizioni di povertà assoluta, il rischio di cadere in questa condizione è triplo rispetto al resto del Paese e nelle due regioni più grandi, Sicilia e Campania, sfiora il 40%.

Non mancano, da parte dello Svimez, una serie di proposte, tra cui una politica industriale che favorisca l’accesso delle imprese meridionali agli strumenti di sostegno; più risorse per il contrasto alla povertà e investimenti addizionali nei Patti per il sud con le regioni; l’istituzione di un Mit per il Mezzogiorno a sostegno dell’occupazione giovanile qualificata.

10 novembre 2016