Femminicidio, Salvamamme: l’obiettivo è «Salvare la pelle»

La lettera aperta della presidente Maria Grazia Passeri: «Una “disperata” che chiede aiuto venga aiutata subito, e non dopo le esequie»

La lettera aperta della presidente Maria Grazia Passeri: la regola d’oro è che “una disperata” che chiede aiuto venga aiutata subito, e non dopo le esequie

«Non esiste certo la necessità di richiamare l’attenzione sul femminicidio, tanta è la frequenza nel ripetersi di tragedie sempre più efferate. Esiste però un fatto sul quale l’attenzione va posta al fine di stimolare interventi idonei ad affrontare l’esigenza di fondo:  “Salvare la pelle”». Inizia così la lettera aperta scritta dalla presidente dell’associazione Salvamamme insieme a Katia Pacelli sul rischio del femminicidio. Una riflessione che parte dall’esperienza concreta dell’associazione, che «ha imparata a ispirare la propria azione all’empiricità e all’essenziale – si legge nel testo -: fare subito quel che serve, in particolare nei momenti critici e forse per questo riceviamo di continuo richieste di aiuto e, per contro, pochissimi aiuti». Il punto fermo è quello che Passeri definisce una «regola d’oro»: «Una “disperata” che chiede aiuto venga aiutata subito, e non trovi soccorso dopo le esequie».

Fondamentale l’opera del numero telefonico antiviolenza “1522” ma manca, avverte, la focalizzazione dell’urgenza. Al punto che «in alcuni casi, in alcuni luoghi una donna annichilita di botte, che si è fatta refertare e ha presentato denuncia, si senta poi proporre un primo incontro per l’eventuale ingresso in una struttura protetta dopo tre o quattro giorni, se va bene, tempo più che sufficiente, perché – come è già successo – il potenziale assassino si scateni, ancora più infuriato se a conoscenza di una denuncia». Passeri ricorda l’esperienza con donne «massacrate nuovamente per non aver trovato subito un riparo, dopo le prime violenze subite»; i tentativi fatti, come associazione, per sbloccare accessi in casa-rifugio, «prendendo poi le possibili vittime come ospiti a nostre spese, per qualche giorno». Nella donne che fuggono, spiega, è «irrefrenabile» la tentazione di tornare a casa per racimolare qualcosa per le primissime necessità. Il rischio però è «terribile»: a chi necessita di un immediato ricovero, si legge nella lettera, «non si può rispondere con l’inserimento in una lista di attesa o facendo presente che per poter essere accolta deve magari separarsi dal figlio quindicenne, già sconvolto di suo, che – secondo le regole – non può avere accesso immediato nelle strutture disponibili».

È nata così l’iniziativa della “Valigia di salvataggio” che Salvamamme fornisce a queste donne in fuga da mariti o compagni violenti, con i primi oggetti indispensabili per alcuni giorni e l’invito a rivolgersi al “1522”. «A una persona gravemente esposta al rischio di venire uccisa non è poi necessario fornire nell’immediato una suite “5 stelle” – sottolinea Passeri -, basta un riparo sicuro e pulito per qualche giorno, in attesa di una soluzione adeguata. Una casa non di permanenza ma di fuga». Le leggi «sempre più pesanti» non servono nei momenti critici, «quando il problema è quello di trovare, nel tempo in cui serve, il modo di salvare la pelle a tante possibili condannate a morte e recuperarle, tanto per fare un esempio, con un’auto in zone non servite o in ore notturne».

Nella lettera si ricorda ancor ail caso di una donna malmenata e fuggita da un  paese pieno di neve, costretta a rientrare nella propria abitazione per non morire assiderata, «che ha subito lo stesso trattamento per la seconda volta». Per la presidente di Salvamamme, «sono questi i problemi da affrontare. Si spendono tanti soldi, anche in Europa, per costosi e raffinati progetti teorici e ideologici; troviamo invece due soldi per evitare di spargere lacrime di coccodrillo quando si scopre di essere arrivati in ritardo».

21 giugno 2016