Lavoro, Becchetti: «Puntare sulle eccellenze italiane»

L’economista è intervenuto all’incontro dell’Ufficio diocesano per la pastorale sociale: «Ai ragazzi non servono conoscenze ma competenze»

L’economista è intervenuto all’incontro dell’Ufficio diocesano per la pastorale sociale: «Ai ragazzi non servono conoscenze ma competenze» 

«Quando parliamo di lavoro parliamo di uomo, e dell’impatto che su di lui hanno la mancanza o la precarietà di un mestiere. Le grandi risposte, però, ci provengono dalla nostra esperienza di cristiani, che ci spinge a prendere in mano le redini della vita perché esiste sempre una speranza, che si chiama resurrezione». Così il giornalista Paolo Bernardi ha introdotto ieri, 28 aprile, nella Sala Baldini di Piazza Campitelli, l’incontro di approfondimento sul tema “Il lavoro: un’opera di misericordia” promosso in vista della Festa del lavoro dall’Ufficio diocesano per la pastorale sociale in collaborazione con le Acli di Roma, il Movimento Lavoratori di Azione Cattolica (Mlac), il Movimento Cristiano Lavoratori (Mcl) e l’Unione cristiana Imprenditori Dirigenti (Ucid).

Un’analisi delle ragioni della crisi
del lavoro – e delle possibili vie d’uscita – è stata condotta da Leonardo Becchetti, docente di Economia politica a Tor Vergata: «Il problema non è l’euro, né gli stranieri, né la tecnologia. Se nel 2012 il salario lordo manifatturiero del nostro paese era di 36 euro, rispetto ai 16 euro della Polonia e ai circa due euro delle aree rurali di India e Cina, è evidente che l’unica soluzione a lungo termine è riequilibrare verso l’alto la condizione degli ultimi. Di questo passo – ha spiegato – il reddito procapite di Paesi come India e Cina tra 50 anni sarà pari al nostro, ma al prezzo di turbolenze e reazioni isteriche, come quelle che stiamo sperimentato al Brennero».

Alla luce di queste premesse,
Becchetti ha individuato alcuni “errori” connessi alla percezione delle migrazioni: «Prima di tutto, l’idea dell’economia come torta fissa, dal momento che gli studi dimostrano che i Paesi con più migrazioni sono più produttivi; il concetto di migrazione ordinata, che non esiste, perché il mondo è molto più creativamente disordinato di quello che pensiamo. Ancora, la teoria del collo di bottiglia: non siamo invasi dagli stranieri. Lo scorso anno, a fronte di 140mila persone che se ne sono andate ne sono entrate solo 30mila».

L’economista ha poi avanzato alcune
proposte di soluzione: «Partirei dalla microeconomia – ha detto – dal momento che sul problema macroeconomico possiamo fare poco. Occorre puntare sui fattori di competitività che non siano il costo del lavoro, quindi le eccellenze, l’ambiente, la cultura, l’arte. Da promuovere – ha proseguito – è un approccio pedagogico: ai nostri ragazzi non servono conoscenze ma competenze. In un mondo invaso dalla tecnologia, la cifra umana si differenzia per la capacità di problem solving e l’empatia». Ancora, Becchetti ha parlato di «migliorare la qualità delle regole del Paese», di «diffusione della banda larga», di «accorciamento dei tempi della giustizia».

Si è infine soffermato sulla dimensione welfaristica, perché «reddito di cittadinanza, sussidi di disoccupazione e formazione per il reintegro nel mondo del lavoro non possono aspettare» e sul ruolo dei sindacati. «Come partecipare al cambiamento? Con l’economia civile – ha risposto il docente –, lavorando tutti per un’economia a quattro mani, in collaborazione tra politica e società civile: esperienze come il voto con il portafogli e gli slot mob sono pragmatiche, utili e contagiose».

Ha analizzato il lavoro da un punto di vista costituzionale il giurista Bernardo Giorgio Mattarella, docente di Diritto amministrativo alla Luiss: «Ciò cui devono aspirare i pubblici poteri è dare pari dignità ai cittadini con il lavoro, un ambito del diritto fortemente asimmetrico». In particolare, per quanto lavoro pubblico, ha evidenziato, «la disciplina è complessa, il reclutamento di personale problematico e il malcostume dilagante».

All’incontro è seguita una veglia
di preghiera con alcune letture dalla Dottrina sociale della Chiesa, guidata dal vescovo ausiliare Lorenzo Leuzzi, che ha sottolineato come il lavoro «non sia più un esperienza soggettiva, ma parte integrante del processo di costruzione della società. È necessario perciò ricollocare la questione del lavoro nella prospettiva della progettualità sociale: in questo senso la spiritualità del lavoratore ha il compito di sostenere e sviluppare il senso di appartenenza nella chiesa e nella società».

 

29 aprile 2016