Nel giorno della scomparsa di Boutros Boutros-Ghali, martedì 16 febbraio, arriva il messaggio di cordoglio della Comunità di Sant’Egidio, che ne ricorda «con riconoscenza il difficile lavoro come segretario generale dell’Onu». Il diplomatico egiziano, nato al Cairo il 14 novembre del 1922 da una famiglia copta molto in vista, era arrivato alla guida delle Nazioni Unite nel 1992. Nei suoi 4 anni di mandato, Ghali, ricordano da Sant’Egidio, sostenne l’impegno della Comunità per la pace in Africa. Il riferimento è in particolare alla «mediazione che portò, il 4 ottobre 1992, all’accordo per la pace in Mozambico, firmato a Roma, che metteva fine a sedici anni di guerra civile». Il segretario Onu «parlò allora di “formula italiana” per descrivere “questa attività pacificatrice” della Comunità, “unica nel suo genere”», perché fatta di «tecniche caratterizzate da riservatezza e informalità» in collaborazione con governi e istituzioni.

Il suo mandato alle Nazioni Unite era cominciato bene, con un’operazione di soccorso nel Corno d’Africa devastato dalla carestia. Poi arrivò il Rwanda, dove più di mezzo milione di Tutsi furono massacrati, spesso a colpi di machete, dal clan rivale degli Hutu in 100 giorni. Un tempo nel quale i caschi blu delle Nazioni Unite non si mossero: una vergogna incancellabile per l’intera comunità internazionale che lo stesso Boutros-Ghali riconobbe anni dopo come «il mio peggiore fallimento alle Nazioni Unite». Negli anni del suo mandato anche il ritardato intervento per mettere fine alla guerra civile in Angola e, infine, la crisi in Jugoslavia, nella quale sostenne la neutralità delle forze Onu di peacekeeping, nonostante un conflitto che sfociò nella strage di Srebrenica, nel luglio 1995. Oltre 8mila musulmani uccisi dalle truppe serbo-bosniache guidate dal Ratko Mladic in un territorio dichiarato «zona sicura» dall’Onu.

La notizia della sua morte è stata diffusa dall’ambasciatore venezuelano Rafael Dario Ramirez Carreno, presidente di turno del Consiglio di sicurezza dell’Onu, a New York. I quindici rappresentanti del Consiglio di sicurezza lo hanno ricordato osservando un minuto di silenzio.

17 febbraio 2016