Francesco e la richiesta di perdono ai vinti del Chapas

L’accoglienza festosa e le parole del Papa ai popoli indigeni, con le loro culture e tradizioni. «Anche il creato sa alzare la sua voce»

L’accoglienza festosa e le parole del Papa ai popoli indigeni, con le loro culture e tradizioni. «Anche il creato sa alzare la sua voce»

Calorosa accoglienza, per Francesco, anche a San Cristóbal de Las Casas, nel Chiapas: duemiladuecento metri di altitudine, tra boschi, valli e montagne. Nella quarta giornata del suo viaggio in Messico, il Papa ha scelto di visitare questo stato povero, all’estremo sud del Paese: terra di indigeni, con le loro culture e tradizioni, ai quali era dedicata la Messa presieduta nel Centro sportivo municipale, ieri, lunedì 15 febbraio. Dio, ha assicurato il pontefice, «soffre di fronte al dolore, al maltrattamento, all’ingiustizia nella vita dei suoi figli». Quindi, sulla scorta delle letture della Messa, ha tracciato una sorta di parallelismo tra gli indigeni messicani e il popolo ebraico, che «aveva sperimentato la schiavitù e il dispotismo del Faraone, che aveva sperimentato la sofferenza e i maltrattamenti, finché Dio disse “basta!”, finché Dio disse: “Non più!”».

Nel cuore dell’uomo e «nella memoria di molti dei nostri popoli», ha continuato Francesco, è inscritto «l’anelito a una terra, a un tempo in cui il disprezzo sia superato dalla fraternità, l’ingiustizia sia vinta dalla solidarietà e la violenza sia cancellata dalla pace». E ha citato un’espressione degli indigeni del Chiapas per spiegare come in essa ci sia «un anelito a vivere in libertà, un anelito che ha il sapore di terra promessa, dove l’oppressione, il maltrattamento e la degradazione non siano la moneta corrente». Anelito che «il nostro Padre non solo condivide ma ha suscitato e suscita, donandoci il suo figlio Gesù Cristo. In lui troviamo la solidarietà del Padre che cammina al nostro fianco. In lui vediamo come quella legge perfetta prende carne, prende volto, prende la storia per accompagnare e sostenere il suo Popolo; si fa Via, si fa Verità, si fa Vita affinché le tenebre non abbiano l’ultima parola e l’alba non cessi di venire sulla vita dei suoi figli».

Da questa terra a meno di 200 chilometri di distanza dal confine con il Guatemale, Il Papa non ha paura di alzare la voce di fronte alle ingiustizie subite dalle comunità indigene locali. «In molti modi – ha detto – hanno cercato di anestetizzarci l’anima, in molte forme hanno preteso di mandare in letargo e addormentare la vita dei nostri bambini e giovani con l’insinuazione che niente può cambiare o che sono sogni impossibili». Davanti a queste cose, è il monito tratto dalla Laudato si’, «anche il creato sa alzare la sua voce. Questa sorella protesta per il male che le provochiamo, a causa dell’uso irresponsabile e dell’abuso dei beni che Dio ha posto in lei. Siamo cresciuti – ha aggiunto – pensando che eravamo suoi proprietari e dominatori, autorizzati a saccheggiarla. La violenza che c’è nel cuore umano ferito dal peccato si manifesta anche nei sintomi di malattia che avvertiamo nel suolo, nell’acqua, nell’aria e negli esseri viventi. Per questo, fra i poveri più abbandonati e maltrattati, c’è la nostra oppressa e devastata terra, che geme e soffre le doglie del parto».

Inevitabile il riferimento alla sfida ambientale, le cui radici «ci toccano tutti e ci interpellano». In questo, è l’omaggio alle comunità indigene che affollavano il Centro sportivo, «voi avete molto da insegnarci. I vostri popoli, come hanno riconosciuto i vescovi dell’America Latina, sanno relazionarsi armonicamente con la natura, che rispettano come fonte di nutrimento, casa comune e altare del condividere umano». Eppure, «molte volte, in modo sistematico e strutturale, i vostri popoli sono stati incompresi ed esclusi dalla società». Francesco è andato a ritroso nella storia: «Alcuni – ha ricordato – hanno considerato inferiori i loro valori, la loro cultura e le loro tradizioni. Altri, ammaliati dal potere, dal denaro e dalle leggi del mercato, li hanno spogliati delle loro terre o hanno realizzato opere che le inquinavano. Che tristezza! Quanto farebbe bene a tutti noi fare un esame di coscienza e imparare a dire: perdono! Il mondo di oggi, spogliato dalla cultura dello scarto, ha bisogno di voi!». Ha bisogno di «reimparare il valore della gratuità».

16 febbraio 2016