Indonesia, l’appello rilanciato da Acs: «Prenda coscienza del pericolo terrorismo»

Aiuto alla Chiesa che soffre raccoglie le parole del gesuita Franz Magnis-Suseno, docente all’Università di Giacarta: «Non sottovalutare l’estremismo»

Aiuto alla Chiesa che soffre raccoglie le parole del gesuita Franz Magnis-Suseno, docente all’Università di Giacarta: «Non sottovalutare l’estremismo»
«Questo attacco deve rappresentare un campanello d’allarme per tutti gli indonesiani e soprattutto per i musulmani. Devono prendere coscienza del pericolo del terrorismo». Il padre gesuita Franz Magnis-Suseno, docente di Filosofia all’Università di Giacarta, commenta così alla fondazione Aiuto alla Chiesa che soffre le esplosioni che questa mattina, giovedì 14 gennaio, hanno colpito la Capitale indonesiana. Troppo presto, osserva, per identificare gli autori ma «è plausibile che possa essere stata opera di Isis».

L’attacco, per il religioso, non sono da ricollegarsi ai rapporti tra le differenti religioni nel Paese, problematici «in alcune province come ad esempio quella di Aceh». L’obbiettivo degli attentati non sarebbero né la comunità cristiana – che rappresenta il 9,9% della popolazione a fronte di un 87,2% di musulmani – né altre minoranze religiose. Si tratta piuttosto di «un messaggio diretto all’Occidente», come i recenti fatti avvenuti in Turchia ed Egitto. «Tuttavia, in un Paese in cui non si verificava un attentato terroristico da 6 anni, il problema dell’estremismo non va sottovalutato».

La fondazione di diritto pontificio Aiuto alla Chiesa che soffre evidenzia come la tradizione indonesiana di pluralismo e armonia religiosa sia «sempre più minacciata dall’intolleranza religiosa che cresce sotto la spinta dell’islamismo radicale». Un fenomeno messo in evidenza già nell’ultima edizione del Rapporto sulla libertà religiosa nel mondo, pubblicato ogni anno da Acs. «Gli attacchi contro le chiese sono in aumento, come dimostrano le recenti violenze nella provincia di Aceh. Altre comunità religiose si trovano ad affrontare crescenti vessazioni e violenze e gruppi come gli ahmadiyya e varie sette islamiche sciite, i buddisti, induisti, baha’i, confuciani, nonché gli aderenti a religioni tradizionali indigene e i progressisti musulmani sunniti, si ergono contro l’intolleranza».

L’intolleranza religiosa cresce, favorita da vari fattori. E si diffondono idee islamista in gran parte importate dal Medio Oriente, in particolare grazie a finanziamenti per studiare in Arabia Saudita o nello Yemen, oltre che al sostegno finanziario alla pubblicazione e distribuzione di letteratura islamista. Le autorità, afferma padre Magnis-Suseno, «sono sicure di poter contare su un buon sistema anti-terroristico, che opera sin dal 1988». Sono comunque numerosi i gruppi terroristici sul territorio: realtà «molto divise tra loro che non possono essere accomunate né far fronte comune. La maggior parte di queste – continua il gesuita – condanna lo Stato islamico, ma due gruppi in particolare sostengono seppur indirettamente il Califfato». Si tratta del Jemaah Islamiah, fondato da Abubakr al-Bashir, e dell’East Indonesia Mujahidin (MIT) guidato da Santoso e attivo nella provincia di Sulawesi Centrale.

Per quanto riguarda il futuro, tutto dipenderà dagli sviluppi politici ed economici del Paese. Per padre Magnis-Suseno, «se il governo riuscirà, come sembra, a fornire aspettative concrete di un futuro migliore e a fermare la dilagante corruzione, allora i giovani indonesiani non cercheranno alternative quali l’Isis».

14 gennaio 2016