Giubileo in Burundi, opportunità di riconciliazione

Il vescovo di Muyinga all’apertura della Porta Santa: «Perdono e misericordia, il Paese ne ha bisogno per spegnere le tensioni ed evitare la ribellione»

Il vescovo di Muyinga all’apertura della Porta Santa: «Perdono e misericordia, il Paese ne ha bisogno per spegnere le tensioni ed evitare la ribellione»

Nel giorno in cui Francesco apriva la Porta Santa della cattedrale di Roma, la basilica di San Giovanni in Laterano, si apriva anche la Porta della Cattedrale di Muyinga, in Burundi, a opera del vescovo Joachim Ntahondereye. «Il Giubileo della Misericordia – ha dichiarato alla fondazione di diritto pontificio Aiuto alla Chiesa che soffre – rappresenta una grande opportunità per il Burundi. Senza il perdono e la misericordia non può esserci alcun tipo di riconciliazione e la riconciliazione è quanto di più ha bisogno il nostro Paese».

Il presule ha raccontato delle tensioni iniziate nell’aprile scorso, con la decisione del presidente Nkurunziza di correre per un terzo mandato, nonostante la Costituzione e gli accordi di pace di Arusha limitino a soli due mandati di 5 anni il periodo in cui un presidente può rimanere in carica. La Chiesa locale ha sin da subito denunciato l’irregolarità della candidatura di Nkurunziza. «Noi vescovi abbiamo scritto due lettere pastorali – ha ricordato monsignor Ntahondereye -, sottolineando l’importanza di lavorare per una vera democrazia, che non escluda nessuno e si prefigga il raggiungimento del bene comune e della giustizia sociale». Dopo un fallito tentativo di colpo di stato nello scorso maggio, il presule ritiene che non vi sia pericolo di un nuovo golpe, «specie perché i maggiori esponenti dell’opposizione hanno dovuto riparare all’estero». Resta alta invece la «probabilità di una ribellione, che potrebbe replicare in Burundi quanto già accaduto in Centrafrica».

Per monsignor Ntahondereye, «questo succederà se non si lavora per la riconciliazione», ambito che rappresenta la principale sfida per la Chiesa locale, le cui diocesi hanno tutte recentemente tenuto un sinodo sul tema. Anche le Commissioni diocesane di Giustizia e Pace operano quotidianamente e su tutto il territorio per insegnare alla popolazione a superare i conflitti senza ricorrere alla violenza. «Molto importanti sono i comitati di riconciliazione, cui la gente fa riferimento per risolvere le controversie. Si tratta di comitati composti da membri di varie religioni, a cui si rivolgono anche i musulmani».

Il pensiero del presule va poi ai circa 200mila rifugiati burundesi che si trovano in Tanzania, Ruanda e repubblica Democratica del Congo. «Non possiamo trascurarli, dobbiamo comprenderli e confortarli. E impegnarci per creare le condizioni di pace che permettano loro di tornare a casa». Altro fronte di impegno, quello della formazione dei laici, che «possono permettere alla Chiesa di incidere sulla realtà politica e sociale. Oggi – osserva il vescovo -, guardando ai nostri politici in maggioranza cattolici, non possiamo fare a meno di chiederci perché non testimonino la loro fede anche in ambito politico, lasciandosi ispirare da valori cristiani quali la giustizia, la verità e la ricerca del bene comune».

14 dicembre 2015