Gaza, le organizzazioni: l’assedio di Israele blocca l’83% degli aiuti

L’analisi dei dati da parte di 15 realtà impegnate nella Striscia, tra cui Save the Children, ActionAid e Oxfam: le persone passate da 2 pasti al giorni e 1 pasto a giorni alterni. L’appello alla comunità internazionale in vista dell’Assemblea generale Onu

Restano bloccati dall’ostruzione sistematica da parte di Israele l’83% degli aiuti alimentari destinati a Gaza; nel 2023 la percentuale era del 34%. In concreto, significa che le persone che vivono nella Striscia sono passate da una media di due pasti al giorno a un solo pasto a giorni alterni. Si stima che entro la fine dell’anno circa 50mila bambini di età compresa tra 6 mesi e 5 anni necessiteranno urgentemente di cure per la malnutrizione.

A riferire i “numeri” della crisi sono 15 organizzazioni umanitarie impegnate a Gaza – tra cui Save the Children, ActionAid e Oxfam -, che parlano di «disastro umanitario, con l’intera popolazione della Striscia che affronta fame e malattie e quasi mezzo milione di persone a rischio di morire di fame». Mentre gli attacchi militari israeliani si intensificano, infatti, per quasi un anno è stato sistematicamente bloccato l’ingresso di cibo salvavita, medicine, forniture mediche, carburante e tende. Il risultato: il 65% dell’insulina necessaria e la metà della fornitura di sangue necessaria non sono disponibili a Gaza, mentre la disponibilità di articoli per l’igiene è scesa al 15% rispetto alla quantità disponibile nel settembre 2023. Un milione di donne si trovano ora senza i prodotti per l’igiene di cui hanno bisogno.

Ancora, rimangono operativi solo circa 1.500 letti di ospedale rispetto ai circa 3.500del 2023, «già ben al di sotto dei bisogni di una popolazione di oltre 2 milioni di persone – rimarcano i responsabili delle organizzazioni umanitarie -. In confronto, città di dimensioni simili, come Chicago e Parigi, hanno in media da 5 a 8 volte più posti letto rispetto a Gaza». Le persone bisognose di un riparo sono 1,87 milioni; almeno il 60% delle case, al gennaio 2024, sono distrutte o danneggiate. A fronte di questa situazione, da maggio 2024 sono entrate a Gaza tende per circa 25mila  persone.

Nell’agosto 2024 sono entrati a Gaza una media di 69 camion umanitari al giorno. «Un record al ribasso, rispetto ai 500 al giorno dell’anno scorso, che già non era sufficiente a soddisfare i bisogni della popolazione». E nel mese di agosto più di 1 milione di persone non hanno ricevuto razioni di cibo nel centro e nel sud di Gaza. Per quanto riguarda gli ospedali, ne restano parzialmente funzionanti solo 17 su 36. Le infrastrutture critiche, come le reti idriche, i servizi igienico-sanitari e i mulini per il pane, sono state rase al suolo.

Nel documento delle ong vengono descritti nel dettaglio anche i sei modi principali in cui i loro aiuti salvavita vengono sistematicamente ostacolati su base giornaliera. Anzitutto, la negazione della sicurezza: basti pensare che dallo scorso ottobre sono stati uccisi più di 40mila palestinesi e quasi 300 operatori umanitari. Il forte inasprimento del blocco che dura da 17 anni, poi, è divenuto« un vero e proprio assedio totale, che impedisce agli aiuti di entrare a Gaza». Ancora, a ostacolare l’ingresso degli aiuti sono anche ritardi e dinieghi che ne limitano la circolazione; il controllo strettamente restrittivo e imprevedibile delle importazioni; la distruzione di infrastrutture pubbliche come scuole e ospedali; lo sfollamento di civili e operatori umanitari, «testimoniato nuovamente nei recenti ordini di sfollamento dalla cosiddetta “zona umanitaria” a Deir el-Balah».

In vista dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite in programma a New York questa settimana, le organizzazioni umanitarie si rivolgono ai governi, lanciando un appello affinché chiedano a Israele di «porre fine all’ostruzione degli aiuti e garantire un cessate il fuoco immediato e duraturo a Gaza; attuare un embargo sulle armi e porre fine all’esportazione di armi e attrezzature militari che rischiano di essere utilizzate in violazioni del diritto internazionale umanitario e dei diritti umani; chiedere il rispetto delle conclusioni e delle raccomandazioni della Corte internazionale di Giustizia, la fine dell’assedio di Gaza e ascoltare l’appello della Corte nel suo parere consultivo relativamente alla fine dell’occupazione del territorio palestinese», si legge nel documento sottoscritto.

Nelle parole di Jolien Veldwijik, direttore di Care in Cisgiordania e Gaza – tra i firmatari del testo -, «la situazione era intollerabile molto prima dell’escalation dello scorso ottobre e ora è più che catastrofica. Nel corso di 11 mesi abbiamo raggiunto livelli scioccanti di conflitti, sfollamenti, malattie e fame – prosegue -. Tuttavia, gli aiuti continuano a non arrivare e gli operatori umanitari rischiano la vita per svolgere il proprio lavoro mentre si intensificano gli attacchi e le violazioni del diritto internazionale». Per Veldwijik, «gli aiuti, urgentemente necessari per 2,2 milioni di persone che rischiano di morire nelle prossime settimane e mesi, non dovrebbero mai essere politicizzati. Chiediamo un cessate il fuoco immediato e duraturo e il libero flusso di aiuti umanitari all’interno e in tutta Gaza», conclude.

Sulla stessa linea anche Amjad Al Shawa, direttore della rete delle ong palestinesi (Pngo), un’organizzazione ombrello di 30 ong palestinesi e partner di ActionAid. «C’è carenza di tutti gli aiuti umanitari – dichiara -. Siamo sopraffatti dai bisogni e dalle esigenze urgenti. Le persone muoiono di fame a causa della mancanza di aiuti. Il 100% della popolazione dipende dagli aiuti umanitari. È la situazione peggiore a cui abbiamo assistito durante la guerra israeliana a Gaza».

 

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17 settembre 2024