Il Papa a Timor-Leste: «Siete un popolo giovane»

Francesco ha chiesto una «politica della mano tesa» per un futuro di pace, riconciliazione, purificazione della memoria e sviluppo. Il congedo da Dili davanti a 600mila persone

Pace, purificazione della memoria, lotta per lo sviluppo. Sono gli auspici di Papa Francesco per Timor-Leste, terza tappa del suo viaggio in Asia e in Oceania, nel Paese asiatico con la maggiore percentuale di cattolici che lo hanno acclamato con grida di gioia nella Messa a Taci Tolu, a cui hanno partecipato 600mila persone, metà della popolazione locale. «Qui Asia e Oceania si sfiorano e, in un certo senso, incontrano l’Europa, lontana geograficamente, eppure vicina per il ruolo che essa ha avuto a queste latitudini negli ultimi cinque secoli», le prime parole pronunciate nel primo discorso, rivolto alle autorità, in cui Francesco ha ripercorso la travagliata storia del Paese dove i primi missionari provenienti dal Portogallo portarono il cattolicesimo e la lingua portoghese. Nel recente passato, la «fase dolorosa» con «convulsioni» e violenze, fino alla sofferta conquista dell’indipendenza, quando Timor-Leste «ha saputo risorgere, ritrovando un cammino di pace e di apertura a una nuova fase, che vuol essere di sviluppo, di miglioramento delle condizioni di vita, di valorizzazione a tutti i livelli dello splendore incontaminato di questo territorio e delle sue risorse naturali e umane».

«Voglia il cielo che pure in altre situazioni di conflitto, in diverse parti del mondo, prevalga il desiderio di pace e di purificazione della memoria, per chiudere le ferite e sostituire all’odio la riconciliazione e alla contrapposizione la collaborazione!», l’auspicio per questa porzione di Asia, che ha saputo arrivare a una «piena riconciliazione» con l’Indonesia, e per il mondo. «Voi siete un popolo che ha sofferto molto ma saggio», l’omaggio a braccio, unito all’apprezzamento della «politica della mano tesa, che sa anche lottare quando è il momento giusto. Ora, davanti a voi si è aperto un nuovo orizzonte, sgombro da nuvole nere, ma con nuove sfide da affrontare e nuovi problemi da risolvere – l’analisi del Papa -. La fede, che vi ha illuminato e sostenuto nel passato, continui a ispirare il vostro presente e il vostro futuro».

Emigrazione, lavoro, povertà, abuso di alcol e violenza tra i giovani. Sono alcune «questioni attuali» affidate al popolo di Timor-Leste, a partire dal fenomeno dell’emigrazione. «Come pure della difficoltà di offrire a tutti un lavoro che produca un equo profitto e garantisca alle famiglie un reddito corrispondente alle loro esigenze di base», ha proseguito Francesco, auspicando «un’azione corale di ampio respiro per offrire valide alternative all’emigrazione» e contrastare «piaghe sociali» come «l’eccessivo uso di alcolici tra i giovani e il loro costituirsi in bande» che mettono in mostra il «dannoso potere della violenza».

«Tutti siamo chiamati ad agire con responsabilità per prevenire ogni tipo di abuso – un fenomeno diffuso in tutto il mondo – e garantire una crescita serena ai nostri ragazzi», l’altro appello del Papa, che ha esortato a non dimenticare «tanti bambini e adolescenti offesi nella loro dignità. Per la soluzione di questi problemi, come pure per una gestione ottimale delle risorse naturali del Paese – in primo luogo delle riserve petrolifere e del gas – è indispensabile preparare adeguatamente coloro che saranno chiamati ad essere la classe dirigente del Paese in un non lontano futuro», l’indicazione di rotta, a partire da quel «pilastro indispensabile» per lo sviluppo integrale che è la dottrina sociale della Chiesa.

«Siete un popolo giovane, non per la vostra cultura e per l’insediamento su questa terra, che sono invece molto antichi, ma per il fatto che circa il 65% della popolazione di Timor-Leste è al di sotto dei 30 anni di età», la fotografia del Papa, che ha chiesto ai timoresi di investire sull’educazione per «costruire un Paese libero, democratico e solidale, dove nessuno si senta escluso e ognuno possa vivere in pace e dignità».

Incontrando il clero nella cattedrale di Dili, Francesco ha auspicato «una Chiesa in movimento perché a tutti arrivi il profumo del Vangelo: un profumo di riconciliazione e di pace dopo gli anni sofferti della guerra; un profumo di compassione, che aiuti i poveri a rialzarsi e susciti l’impegno per risollevare le sorti economiche e sociali del Paese; un profumo di giustizia contro la corruzione. Il profumo del Vangelo bisogna diffonderlo contro tutto ciò che umilia, deturpa e addirittura distrugge la vita umana, contro quelle piaghe che generano vuoto interiore e sofferenza come l’alcolismo, la violenza, la mancanza di rispetto per la dignità delle donne», il monito del Papa, secondo il quale «c’è bisogno di sacerdoti, di religiosi e di catechisti appassionati, preparati, creativi», che non abbiano però la tentazione di sentirsi superiori al popolo.

«Aprirci all’amore del Padre e a lasciarcene plasmare, perché possa guarire le nostre ferite, ricomporre i nostri dissensi, rimettere ordine nella nostra esistenza». È l’invito nell’omelia della Messa presieduta nella spianata di Taci Tolu, a Dili: «Siete un Paese giovane in cui in ogni angolo si sente pulsare, esplodere la vita – ha ribadito Francesco -. In ogni parte del mondo – ha osservato – la nascita di un bambino è un momento luminoso, di gioia e di festa, che infonde in tutti desideri buoni. Non abbiamo paura di farci piccoli davanti a Dio, e gli uni di fronte agli altri, di perdere la nostra vita, di donare il nostro tempo, di rivedere i nostri programmi».

Quindi, il congedo a braccio: «Quanti bambini avete! La cosa migliore che ha il popolo è il sorriso dei suoi bambini. E un popolo che insegna a sorridere ai bambini è un popolo che ha un futuro». Tra i momenti più commoventi del viaggio, proprio l‘incontro con i bambini con disabilità: «Dobbiamo imparare a lasciarci curare. Lasciarsi curare da Dio, che ci ama tanto; lasciarsi curare dalla Madonna, che è nostra Madre». (M. Michela Nicolais)

11 settembre 2024