Esce in Italia “Il tram” del Nobel Claude Simon

Nelle librerie il testo finora incredibilmente inedito in Italia: un capolavoro anche se di ardua lettura. Un commiato commovente di un vero artista

Nelle librerie il testo finora incredibilmente inedito in Italia: un capolavoro anche se di ardua lettura. Un commiato commovente di un vero artista

Chi è stato bambino in Europa nel ventesimo secolo conosce l’emozione provata la prima volta che, uscendo da scuola, salì sul tram da solo e si mise vicino al conducente. C’erano altri uomini da quelle parti con il mozzicone fra le labbra. Quanti fra noi hanno alzato gli occhi verso quegli adulti sentendosi accettati in mezzo a loro, quasi fossimo entrati a far parte di una confraternita?

Claude Simon, premio Nobel per la Letteratura nel 1985, quattro anni prima di morire, ripensò a quel momento magico della sua infanzia, trascorsa a Perpignan, e scrisse il suo ultimo libro, Il tram (Nonostante, pp. 137, 17 euro), tradotto da Stefania Ricciardi, finora incredibilmente inedito in Italia: un capolavoro, su questo non c’è alcun dubbio, anche se di ardua lettura, ma soprattutto il commiato commovente di un vero artista, scomparso dieci anni fa a Parigi. Uno degli alfieri del cosiddetto “nouveau roman”, all’epoca in cui si poteva credere di riuscire a conquistare la maturità praticando un nuovo modo di scrivere.

Claude Simon era nato in Madagascar, nel 1913: fece appena in tempo a vedere suo padre che cadde nella Grande Guerra. Anche la madre, stroncata da un tumore, lo lasciò presto da solo, quando lui aveva dodici anni. Il piccolo orfano venne allevato dalla nonna e da uno zio. Gli restò dentro per sempre il senso di uno smacco clamoroso, come si evince dalle pagine estreme della sua ultima opera in cui il ricordo cripto-proustiano del tragitto che il tram percorreva dalla scuola alla spiaggia del litorale in Provenza si fonde con il resoconto dei giorni trascorsi all’ospedale dove lo scrittore, ormai anziano, viene ricoverato, prima costretto a dividere il poco spazio disponibile con un paziente disgustoso, poi finalmente in una stanza riservata anche se triste.

Disteso sul letto, con il respiratore attaccato alle narici del naso, Claude Simon ripensa ai binari del tram che scomparivano nell’oblio della sabbia. L’evento di gran lunga più rilevante del libro è il fraseggiare straripante con punteggiatura quasi azzerata, una sintassi piena di interminabili subordinate, continue parentesi e rinvii: un luogo verbale impervio dalla sontuosa eleganza espressiva che chiede a chi legge una fiducia presuppositiva nei confronti del ritmo emotivo al quale conviene adeguarsi, quasi avessimo a che fare con un testo poetico.

Il tram, pubblicato nel 2001, l’anno dell’attentato terroristico alle Twin Towers, segna davvero in questo senso l’addio alla stagione delle rivoluzioni permanenti, alle macchine infernali che hanno rischiato di stravolgere il pianeta, alle ambizioni smodate di quanti avrebbero voluto portare la felicità sulla terra, alle tracotanze dei falsi profeti. Ed è bello che a tributare il fantastico ossequio siano il bambino, trasognato con la fronte attaccata al vetro del vagone, e l’anziano, sgomento e disilluso di fronte ai rimbrotti delle infermiere, riuniti insieme come fantasmi ad alzare i calici verso il Novecento che muore.

 

9 novembre 2015