Stefano Bollani, elogio dell’improvvisazione

L’eclettico musicista milanese, 49 album all’attivo, sarà in concerto il 26 luglio con il suo “Piano solo” all’Auditorium Parco della Musica nell’ambito del Roma Summer Fest 2024. Unica data estiva

Una sola data in tutta l’estate rende speciale l’appuntamento previsto a Roma il prossimo 26 luglio all’Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone nell’ambito del Roma Summer Fest 2024. Se poi il protagonista è Stefano Bollani, uno dei più istrionici ed eclettici musicisti italiani, che ha scritto anche libri, inventato spettacoli teatrali e condotto programmi radiofonici e televisivi, e che alla cavea porta in scena “Piano solo”, la serata si preannuncia memorabile.

Virtuoso, irriverente, esploratore di suoni, le “etichette”, nel suo caso, sono state superate da un pezzo. Bollani ha all’attivo 49 album (31 in studio) e la sua musica non conosce confini, sconfessa i generi musicali e si nutre di tutti quei momenti unici con artisti straordinari che il pianista ha incontrato sui palchi di tutto il mondo, da Enrico Rava a Chick Corea, da Richard Galliano a Bill Frisell o Lee Konitz. Passa con disinvoltura e gran divertimento per tutti dal jazz all’Orchestra sinfonica (ha suonato con la Gewandhaus di Leipzig, con l’Orchestra della Scala di Milano e quella nazionale di Parigi), fino alla musica carioca (ha suonato con Caetano Veloso e Chico Buarque tra gli altri).

Per Bollani, milanese, classe 1972, essere in scena con “Piano Solo”, esige una sola regola: rendere omaggio all’arte dell’improvvisazione grazie all’unione sempre nuova di tutte le note messe insieme in questi venti anni di jam session. Ogni sera un risultato diverso, un viaggio che si rinnova. Ed essendo un one man show, tutto può accadere. Non esiste nessuna scaletta scritta, nessun programma di sala a indicare il succedersi dei brani. Lo spettatore prende posto in una sala ma è chiamato a spostarsi con la mente verso luoghi inaspettati e a guardare orizzonti musicali sempre nuovi. Solo il flusso della coscienza musicale che spazia dal jazz ai suoni brasiliani, a Carosone fino ai brani dell’ultimo album “Blooming”, alcuni dei quali sono stati presentati dal maestro durante la trasmissione cult “Via Dei Matti numero Zero” di Bollani e Valentina Cenni (la moglie che gli ha “cambiato la vita”), grande successo di pubblico e critica. Raggiungiamo telefonicamente Stefano Bollani mentre, scopriamo, è in Normandia e la chiacchierata diventa presto un elogio della lentezza e dell’imperfezione.

Che periodo è per te?
È un’estate senza concerti, diversa dal solito, io di solito suono sempre, invece quest’estate c’è solo la data a Roma, poi la prossima è il 25 settembre a Berlino. È molto raro per me.

Ho visto dai tuoi social che sei stato in montagna e la ami molto.
Adesso ci fermiamo un bel po’ in Val di Fiemme, che è una valle meravigliosa e che conoscevo poco perché c’era stato a suonare per “I suoni delle Dolomiti”, ma adesso restiamo un po’ qui e ce la vogliamo guardare tutta con calma. Abbiamo passeggiato tutti i giorni.

Non ti sembra vero poterti fermare, eh?
(Ride) È la prima volta nella vita! Non andavo mai in vacanza, ma da quando conosco Valentina finalmente mi fa stare in vacanza.

Allora è vero che ti ha cambiato letteralmente la vita, come dichiari spesso?
Sì, mi fa fare le vacanze, che è una frase che tiene insieme tante altre cose, forse la principale è che mi fa rilassare. Finalmente riesco ad avere una temperatura diversa perché io ho iniziato a 15 anni ad andare in giro a suonare e non sono mai stato fermo, tra camere d’albergo, treni, aerei, progetti, dischi, eccetera eccetera. Adesso mi prendo un po’ più di tempo e devo dirti che questo è molto utile non solo per la salute come uno si immagina, sia fisica che mentale, ma per la creatività, perché ho più tempo per i dettagli. Perché amando molto l’improvvisazione e l’idea dell’improvvisazione, mi sono occupato poco di dettagli e invece ultimamente mi sento più compositore, ho più tempo per lavorare alla musica che voglio fare.

E quindi il concerto “Piano solo” come sarà? Comunque improvvisando oppure stai preparando delle cose?
Sarà una via di mezzo, ma ti posso assicurare che sarà molto, molto improvvisato. Sto preparando una scaletta che mi piace molto, e mi piace molto anche l’idea che sia una data unica e poter condensare tutto lì. Quindi sarà un concerto molto importante.

Ci sarà qualche sorpresa per il tuo pubblico?
Guarda, in realtà la scaletta è un mero pretesto, perché, per farti un esempio, ci sono dei brani miei in scaletta, tutti nuovi, quindi vuol dire che non li conosce il pubblico, che è un grande vantaggio per uno che improvvisa! Ma anche nuovi per me, non li conosco bene neanche io, quindi le cose accadono lì mentre le eseguo. È una sorpresa sia me che per il pubblico. Io non dico mai la scaletta nelle interviste, perché all’ultimo potrei tradirla, perché magari c’è una stella in cielo differente o perché il pubblico ha reagito in una maniera diversa e io magari non ho voglia di suonare un brano e ne suono un altro.

A proposito di improvvisazione, che non è una cosa che si studia normalmente al Conservatorio: quanta percentuale c’è di talento, quanto di allenamento e quanto altri ingredienti che io non conosco?
Ah, gli ingredienti sono mille, perché stiamo parlando di un musicista, ma anche di un essere umano, quindi sono mille ingredienti che ti formano e ti fanno diventare quello che poi sei e quello che fai. Indubbiamente è un peccato che non si studi improvvisazione nel percorso, perché la musica prevedeva l’improvvisazione una volta, anche la musica classica; si è un po’ persa questa pratica negli ultimi tre secoli in cui i musicisti classici non fanno un corso di improvvisazione, ma quello che tiene in vita la musica per me è proprio la possibilità di buttare la mano sul pianoforte e vedere cosa succede. Dopodiché, una volta che hai trovato una cosa che ti piace molto, la cristallizzi e diventa una composizione. Però per me tutto quello che compongo nasce da un’improvvisazione.

Abbiamo parlato dell’importanza dei dettagli, oggi però soprattutto nella musica leggera c’è una ricerca spasmodica di perfezione, ricorrendo anche a campionamenti e auto-tune. Che ne pensi?
La ricerca della perfezione in generale è un argomento dal quale io mi tengo un po’ lontano naturalmente, non lo faccio apposta, non è una scelta filosofica, preferisco vivere e farle, le cose, non pretendendo di farle perfette. Detto ciò, poi, in ogni settore la perfezione viene percepita in maniera diversa, per esempio in quello di cui parli tu, la perfezione porta le persone a usare l’auto-tune in modo tale che i cantanti siano intonati, ma non so se questo è davvero la perfezione. Louis Armstrong e Billie Holiday non erano perfettamente intonati, ma avevano un timbro di voce meraviglioso. Comunque insomma, io non tendo alla perfezione, ma alla cosa perfetta in quel momento.

So che avevi sin da piccolo un’ammirazione per cantanti dello stile di Celentano o Jerry Lewis, ma tu faresti mai un intero album anche cantando?
Ogni tanto io canto in realtà, mi son tolto lo sfizio in questo modo. Non so se devo fare per forza un album da cantante, in fondo è quello che ho fatto con Valentina, quando abbiamo inciso le migliori canzoni di “Via dei Matti”. Poi di fare proprio il songwriter alla Billy Joel, per ora, mi è passata la voglia. Però da bambino avrei voluto essere Celentano o Carosone, che aveva anche il piano.

12 luglio 2024