Il Papa: «La consegna di Pietro, essere Chiesa in sequela»

Nella basilica di San Pietro la Messa per la festa dei santi patroni di Roma Pietro e Paolo, con la benedizione dei palli per i nuovi arcivescovi metropoliti. La domanda di Gesù: «Voi chi dite che io sia?». La risposta di Paolo: «L’annuncio»

«Voi chi dite che io sia?». Sulla risposta di Pietro e Paolo, «apostoli innamorati del Signore, due colonne della fede», Francesco ha incentrato la sua omelia nella Messa solenne di sabato 29 giugno, festa dei santi patroni di Roma, concelebrata nella basilica vaticana insieme a 36 cardinali, 36 vescovi, circa 400 sacerdoti e ai 42 arcivescovi metropoliti nominati nell’ultimo anno. Nel corso della celebrazione, il Papa ha anche benedetto i palli, simbolo liturgico di unione con la sede apostolica, che saranno poi imposti ai nuovi arcivescovi nelle loro diocesi dal nunzio apostolico.

Riflettendo su questa «domanda fondamentale, la più importante: chi è Gesù per me?», il pontefice ha rilevato che «la risposta di Pietro si potrebbe sintetizzare con una parola: sequela. Pietro ha vissuto nella sequela del Signore». Ha ricordato quindi la «bella professione di fede» di Pietro a Cesarea di Filippo: «Una risposta impeccabile, precisa, potremmo dire una perfetta risposta da catechismo. Ma quella risposta è frutto di un cammino. Solo dopo aver vissuto l’affascinante avventura di seguire il Signore, per tanto tempo, Pietro arriva a quella maturità spirituale che lo porta per grazia, per pura grazia a una professione di fede cosi limpida».

Rievocando la vocazione di Pietro, il Papa ha ricordato che Pietro «ha lasciato tutto per mettersi alla sequela del Signore. E il Vangelo sottolinea “subito”» senza calcoli o alibi «per rimandare la decisione, senza chiedere in anticipo nessuna sicurezza. Avrebbe scoperto tutto di giorno in giorno nella sequela», camminando dietro a Gesù. Pietro dimostra che alla domanda di Gesù «non basta rispondere con una formula dottrinale impeccabile o un’idea che ci si è fatti una volta per tutti ma è mettendosi alla sequela del Signore che impariamo a conoscerlo, è diventando suoi discepoli e accogliendo la sua parola che diventiamo suoi amici e facciamo esperienza del suo amore che ci trasforma. Anche per noi risuona quel “subito”: se possiamo rimandare tante cose nella vita, la sequela di Gesù non può essere rimandata. Non si può esitare, accampare scuse. E alcune sono travestite di spiritualità», ha detto il Papa, come «non sono degno, non sono capace, cosa posso fare… questa è un’astuzia del diavolo che ci ruba la fiducia nella Grazia di Dio facendoci credere che tutto dipende dalle nostre capacità».
 
Distaccarci dalle nostre sicurezze terrene e seguire Gesù ogni giorno: questa, ha detto il Papa, è la consegna che Pietro ci fa oggi; essere «Chiesa in sequela, umile ancella del Vangelo», capace così di «dialogare con tutti e diventare luogo di accompagnamento, vicinanza e speranza per le donne e gli uomini del nostro tempo».
 
La risposta di Paolo è invece l’annuncio del Vangelo. Grazie alla luce accecante di Cristo sulla via di Damasco, Saulo si rese conto «di quanto fosse cieco». Guardando alla sua storia, ha spiegato Francesco, «sembra quasi che più annuncia il Vangelo, più conosce Gesù». Paolo ci dice che alla domanda “chi è Gesù per me?” non si risponde «con una religiosità intimista che ci lascia tranquilli senza scalfirci con l’inquietudine di portare il Vangelo agli altri». Ci insegna che cresciamo nella fede «quanto più siamo suoi testimoni. Quando evangelizziamo, restiamo evangelizzati». E questo «è necessario anche alla Chiesa oggi: mettere l’annuncio al centro, essere una Chiesa che non si stanca di ripetersi: “Per me il vivere è Cristo”. Una Chiesa che ha bisogno dell’annunciare come dell’ossigeno per respirare e non può vivere senza trasmettere l’abbraccio dell’amore di Dio e la gioia del Vangelo».

Il Papa ha auspicato una «Chiesa umile che non dà mai per scontata la ricerca del Signore», ma allo stesso tempo una Chiesa capace di diventare «estroversa» per «seminare nel cuore della persone la domanda su Dio. Portare ovunque con umiltà e gioia il Signore nella nostra città di Roma, nelle nostre famiglie, nelle relazioni, nei quartieri, nella società civile, nella Chiesa, nella politica e specialmente là dove si annidano povertà, degrado, emarginazione».

Bergoglio ha poi ricordato agli arcivescovi che avrebbero ricevuto il pallio: «Siate apostoli come Pietro e Paolo, discepoli nella sequela e apostoli nell’annuncio». Un invito rivolto anche alla delegazione del Patriarcato ecumenico presente alla cerimonia: «Andiamo avanti insieme, crescendo nella fraternità».

1° luglio 2024