“Priscilla”: Elvis senza le sue canzoni

Arrivato nelle sale il film di Sofia Coppola ispirato al libro di memorie “Elivs and me”, scritta dalla moglie insieme a Sandra Harmon, in concorso all’ultima Mostra di Venezia

È stato (e rimane tuttora) uno dei cantanti più noti del panorama musicale mondiale. A lungo oggetto di una popolarità sfociata nel culto, che ha riguardato anche il suo modo di fare, muoversi, atteggiarsi: una fama trasversale che ha contagiato milioni di persone. Un personaggio che dava gioia ogni volta che partiva un suo brano ma allo stesso tempo creava infelicità in chi gli stava vicino. Stiamo parlando di Elvis Presley (nato a Tupelo nel 1935, morto a Memphis nel 1977) e della sua vita, osservata però stavolta dalla parte degli altri, di quelli che soprattutto gli sono stati accanto. Come Priscilla, la moglie al centro del film omonimo, in concorso alla Mostra di Venezia e uscito nelle sale nei giorni scorsi.

Il punto di partenza è il libro di memorie Elvis and me, scritto da Priscilla Presley nel 1985 insieme a Sandra Harmon. Quindi: un cantante famosissimo, una ragazza che ne diventa moglie, un libro dove tutto (o molto) di quello che è successo dovrebbe trovare posto. Tra libro e film passano quasi quaranta anni, durante i quali la musica leggera non è stata più la stessa, ha inventato nuovi ritmi, nuove armonie, stili differenti che hanno ribaltato quasi tutto: le cadenze melodiche degli anni ‘50/’60 sono state cancellate, via rhythm and blues, country, gospel, a favore di gestualità e parole rivolte a dare spazio a temi emergenti più attuali.

Nasce qui uno dei limiti che non ti aspetti: in un film dedicato a Presley non è presente nessuna sua canzone perché i detentori dei diritti hanno respinto qualunque richiesta di usarle. Questo, se da un lato fa capire l’enorme mole di interessi economici che giravano (e girano tuttora) intorno al cantante, dall’altro ha messo la regista nella non facile situazione di coprire questa assenza con soluzioni di stile di maggiore attrattiva.

Sofia Coppola, che ha diretto il film, non si è certo persa d’animo. Nata a New York il 14 maggio 1971, figlia di Francis Ford Coppola, una famiglia con dentro tanti nomi di cinema (sorella, nipoti, cugini), Sofia esordisce nel 1999 con Il giardino delle vergini suicide ma la sua affermazione è legata soprattutto a Lost in Translation (2004), Oscar per la migliore sceneggiatura originale, Somewhere (2010), Leone d’Oro a Venezia, e L’inganno (2017), premio per la messa in scena a Cannes 2017. Tutti film che hanno dato l’idea di una regista di spiccata personalità.

Così, partendo da un testo letterario di non grande valore, Coppola ha riscritto le pagine di una biografia fatta di tanti momenti folli e divertenti, aspri e difficili (il matrimonio, la nascita della figlia Lisa Marie, il divorzio). A poco a poco, Sofia prende in mano il film e lo pilota nella direzione che preferisce, guardando cioè nella stessa direzione di Cailee Spaeny, una Priscilla Presley infine addolorata e delusa, non a caso premiata con la Coppa Volpi alla Mostra di Venezia.

3 aprile 2024