Comunità energetiche per un futuro sostenibile

L’economista Becchetti (Tor Vergata) illustra il recente decreto e i vantaggi delle Cer: «Modello di produzione di energia partecipato, costruisce coesione sociale»

Il 24 gennaio scorso è entrato in vigore il decreto del ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica che disciplina la costituzione e il funzionamento delle Comunità energetiche rinnovabili (Cer), vale a dire gruppi di persone che si uniscono per installare pannelli solari o altri impianti a fonti rinnovabili per produrre, consumare e condividere energia rinnovabile. Possono essere composte da cittadini, condomini, aziende, enti locali, parrocchie. Il decreto prevede due tipologie di incentivi cumulabili tra loro: una tariffa incentivante sull’energia pulita prodotta e condivisa su tutto il territorio nazionale e un contributo a fondo perduto, che copre fino al 40% delle spese ammissibili, finanziato dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) e dedicato alle comunità che realizzano impianti in Comuni con meno di 5mila abitanti. Quest’ultimo permetterà lo sviluppo di 2 gigawatt complessivi. Gli impianti devono essere operativi entro 18 mesi dalla data di accettazione del contributo e non oltre il 30 giugno 2026.

La peculiarità del decreto, per Leonardo Becchetti, ordinario di Economia politica all’Università di Tor Vergata, è il premio per l’autoconsumo. «La massima redditività di una comunità energetica si ha quando l’energia prodotta viene autoconsumata, quindi maggiore è la quota di energia autoconsumata maggiore è il beneficio per la comunità. L’obiettivo è quello di massimizzare la quota di autoconsumo, remunerato molto bene». Il testo, ricorda Becchetti, prevede una tariffa premio per impianti fotovoltaici superiore per le regioni del Nord Italia che hanno «una resa minore dei pannelli, pertanto vengono un po’ agevolate».

Prima di passare a parlare dei vantaggi e delle opportunità delle Comunità energetiche rinnovabili, l’economista ricorda che le Cer sono state tra i temi centrali della 49ª Settimana sociale dei cattolici italiani, tenutasi a Taranto nel 2021. «In quell’occasione – afferma – abbiamo iniziato a spingere in questa direzione dicendo che le comunità energetiche sarebbero state un risultato molto importante sia per la transizione ecologica che per la creazione di capitale sociale. Da allora sono nati moltissimi progetti, tanti dei quali coinvolgono le parrocchie italiane. Con l’entrata in vigore del decreto possono essere realizzati e qualunque tetto può essere parte della produzione della comunità, quindi per una parrocchia è motivo in più di creare una comunità, la coalizione di più persone che producono e consumano».

Il decreto – nei giorni scorsi sono state approvate le regole operative per l’accesso agli incentivi – è quindi un’occasione importante per l’Italia per accelerare la transizione energetica e costruire un futuro più sostenibile. La partecipazione a una comunità energetica, «oltre che contribuire a risolvere il problema dell’emergenza climatica – specifica Becchetti -, rappresenta una soluzione che crea un modello di produzione di energia diffuso e partecipato sul territorio, quindi molto democratico, molto pacifico. E poi aiuta a costruire coesione sociale».

Per facilitare la partecipazione dei cittadini, un ruolo determinante lo ricopre l’informazione. L’economista ritiene importante organizzare eventi anche perché «i decreti sono arrivati tardi rispetto alla tabella di marcia, il nostro lavoro è invece iniziato da tempo». Il docente non nasconde che si tratta di «una iniziativa non facile. Ci sono costi di investimento e gestione di cui tenere conto – afferma -, così come i possibili ritardi del gestore dei servizi energetici nel dare l’incentivo. La sfida ora è quella di creare modelli che stiano in piedi per dimostrare che questa via è praticabile e possibile».

5 marzo 2024