La vedova di Navalny al Parlamento europeo
Yulia Navalnaya invitata a 3 anni dall’ultima apparizione, quando ritirò il premio Sacharov per il marito, in carcere in Russia. «Il funerale venerdì a Mosca e non so ancora se sarà pacifico o se la polizia arresterà coloro che sono venuti a salutare Alexei»
È entrata nell’aula del Parlamento europeo accolta da un lungo applauso Yulia Navalnaya, la vedova di Alexei Navalny, il dissidente russo morto il 16 febbraio nella colonia carceraria artica dove stava scontando una pena di 19 anni. Un intervento a tre anni dall’ultima apparizione, quando ritirò il premio Sacharov 2021 assegnato a suo marito, al tempo in carcere in Russia. Ad accoglierla, la presidente Roberta Metsola.
«Ci è voluta una settimana per avere il corpo di mio marito dopo la sua morte», ha detto Navalnaya, annunciando che il funerale si svolgerà dopodomani, venerdì 1° marzo, e «non so ancora se sarà pacifico o se la polizia arresterà coloro che sono venuti a salutare Alexei». Quindi l’attacco diretto al presidente russo Vladimir Putin: «Deve rispondere di ciò che ha fatto al mio Paese. Deve rispondere di ciò che ha fatto a un Paese vicino e pacifico. E deve rispondere di tutto ciò che ha fatto ad Alexei. Mio marito non vedrà come sarà la bella Russia del futuro – ha aggiunto -, ma noi dobbiamo vederla. E io farò del mio meglio perché il suo sogno si realizzi, perché il male cada e questo bel futuro arrivi».
La vedova lo ha scandito senza mezzi termini: «Putin ha ucciso mio marito, Alexei Navalny. Su suo ordine, Alexei è stato torturato per tre anni: è stato fatto morire di fame in una minuscola cella di cemento, tagliato fuori dal mondo esterno. Gli sono state negate visite, telefonate e persino lettere. E poi lo hanno ucciso e anche dopo hanno abusato del suo corpo e hanno abusato di sua madre». Quindi, agli eurodeputati ha ricordato che «non avete a che fare con un politico ma con una sanguinario mafioso. Putin – ha continuato – è il capo di una banda di criminalità organizzata, che comprende avvelenatori, assassini. Ma tutti sono solo marionette».
Per Navalnaya, «la cosa più importante sono le persone vicine a Putin, i suoi amici, i suoi collaboratori e i custodi del denaro della mafia». Proprio per questo «noi dobbiamo adottare i metodi della lotta alla criminalità. Non note diplomatiche, ma indagini. Non dichiarazioni di preoccupazioni, ma una ricerca dei consociati della mafia nei vostri Paesi. In questa lotta – ha assicurato – avete alleati affidabili: ci sono decine di milioni di russi che sono contro Putin, contro la guerra, contro il male che porta. Non dovete perseguitarli; al contrario, dovete lavorare con loro. Con noi».
Molti, ha ricostruito ancora la donna, hanno la sensazione che Putin «non possa essere sconfitto. E in questa disperazione mi chiedono: come posso aiutarvi? Sto pensando a come Alexei risponderebbe a questa domanda. Cercherò di rispondere – ha detto -, ma per farlo devo raccontarvi un po’ com’era lui. Alexei era un inventore. Aveva sempre nuove idee per tutto, ma soprattutto per la politica». E ha aggiunto: «All’inizio di giugno ci saranno le elezioni. Molti di voi faranno campagna elettorale, incontrando elettori, rilasciando interviste, girando spot pubblicitari. Ora immaginate che tutto questo sia impossibile. Nessuna emittente televisiva vi farà un’intervista. Nessun denaro al mondo può aiutarvi con uno spot. Tutti gli elettori che si sono presentati alle riunioni saranno arrestati insieme al candidato. Benvenuti nella Russia di Putin. Eppure – ha sottolineato – Alexei Navalny è riuscito a diventare il politico più famoso del Paese. È riuscito a ispirare milioni di persone con le sue idee. E come faceva? Usava la fantasia».
Il risultato lo aveva evidenziato, accogliendo l’ospite, la presidente dell’Eurocamera Roberta Metsola. «Gli assassini di Navalny hanno fallito – le sue parole -. La speranza che ha rappresentato continua a vivere. Alexei Navalny non ha ceduto di fronte alle intimidazioni, alla violenza, al tentativo di avvelenamento, alle sofferenze, alla prigione a un processo farsa. La democrazia richiede coraggio – il monito di Metsola -. Per questo nel 2021 è tornato in Russia», sfidando il regime di Putin. Un regime «che lo temeva. Le autocrazie alla fine cedono sotto la spinta della libertà».
28 febbraio 2024