Dall’Italia, “Armi e munizioni” a Israele dopo il 7 ottobre

L’inchiesta di Altreconomia, sulla base delle Statistiche del commercio estero, aggiornate ai mesi di ottobre e novembre 2023. «Le cifre, pur esigue, impongono chiarezza»

817.536 euro: questo il valore dell’esportazione di “Armi e munizioni” dall’Italia verso Israele, tra ottobre e novembre 2023. Dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre, dunque, che ha innescato la guerra che ancora si combatte nella Striscia di Gaza. In particolare, si tratta di 233.025 euro a ottobre e 584.511 a novembre. A certificare l’export sono le Statistiche del commercio estero periodicamente aggiornate dall’Istat – l’ultima volta a metà febbraio di quest’anno -, su cui si basa l’inchiesta di Altreconomia.

Cifre «esigue», riconoscono, se paragonate ad altri contesti, ma comunque in contraddizione con quanto dichiarato dal governo Meloni, che in più occasioni ha dichiarato pubblicamente «sospeso» e «bloccato» l’export di armi verso Tel Aviv dal 7 ottobre scorso. «Pure ipotizzando che i 230mila euro di ottobre siano partiti prima del giorno 7, i dati di novembre coprono un periodo in cui i bombardamenti sulla Striscia di Gaza erano già pesantemente iniziati», spiegano da Altreconomia. In quel mese, dunque, l’Italia ha esportato verso Israele 584.511 euro di “Armi e munizioni”; nello stesso periodo del 2022 il valore era di 1,5 milioni. Circa 7mila euro, informa l’Istat, sono riferibili a “Fucili, carabine e pistole a molla, ad aria compressa o a gas, sfollagente ed altre armi simili”; 430mila sono per “Parti e accessori” di oggetti che vanno da “Armi da guerra, incluse pistole mitragliatrici” a “Rivoltelle e pistole”, da “Armi da fuoco e congegni simili che utilizzano la deflagrazione della polvere” a “carabine e pistole a molla, ad aria compressa o a gas, sfollagente”.

Restano “oscurati”, vale a dire senza descrizione specifica, 147.126 euro. Nell’analisi di Giorgio Beretta, dell’Osservatorio permanente sulle armi leggere, questi soldi oscurati «certificano che si tratta di armi e munizioni a uso militare: nei sottocapitoli l’Istat oscura infatti tutti e solo i dati che riguardano le armi ad uso militare – spiega -. Non va dimenticato, inoltre, che qui si sono considerate solo le “Armi e munizioni” ma che da ottobre potrebbero essere stati esportati a Israele anche altri materiali e strumenti per uso militare, tra cui componenti per velivoli e mezzi terrestri, sistemi elettronici, laminati e miscelatori per prodotti chimici e così via. Materiale che è impossibile rintracciare nel database dell’Istat».

Per Altreconomia, «occorrerebbe fare chiarezza sulla natura di quanto esportato ma il governo si rifiuta, continuando sul filo dell’equivoco. Come già aveva fatto all’epoca della nostra prima inchiesta di metà gennaio sulla mancanza di trasparenza a riguardo da parte dell’Autorità nazionale Uama (l’Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento in seno al ministero degli Esteri) – ricordano -, l’esecutivo, per bocca della Farnesina, ha nuovamente rimandato alla pubblicazione in primavera-estate della relazione della Uama. Che però sarà su base annuale e poco o nulla chiarirà rispetto a quanto accaduto dopo il 7 ottobre».

Non solo. A fine febbraio «la maggioranza parlamentare, ignorando le richieste di mantenere alti i controlli e la trasparenza sulle vendite di armi all’estero, ha approvato in prima lettura al Senato un testo di modifica della Legge 185 del 1990 tutto a vantaggio dell’industria militare, come ha denunciato la Rete italiana Pace e Disarmo. Ed è paradossale – rimarcano da Altreconomia – il fatto che mentre la Uama oppone il riserbo in forza di presunte ragioni diplomatiche, esponenti del governo Meloni (i ministri Tajani e Crosetto, su tutti) continuano a dichiarare pubblicamente circostanze non verificate».

28 febbraio 2024