Migranti, Cei: l’accordo Italia – Albania, «soldi buttati in mare»

L’arcivescovo Perego, presidente Commissione episcopale migrazioni e Migrantes, interviene dopo la ratifica da parte del Senato: «Segno dell’incapacità di governare il fenomeno delle migrazioni forzate. Una nuova sconfitta della democrazia»

«Soldi “buttati in mare”». L’arcivescovo Gian Carlo Perego, presidente della Commissione episcopale migrazioni e della Fondazione Migrantes della Cei, boccia senza mezzi termini l’accordo tra Italia e Albania per il trattenimento dei migranti che la Guardia costiera salverà in mare, ratificato ieri, 15 febbraio dal Senato. «Seicentosettantantatre milioni di euro in dieci anni in fumo per l’incapacità di costruire un sistema di accoglienza diffusa del nostro Paese, al 16° posto in Europa nell’accoglienza dei richiedenti asilo rispetto al numero degli abitanti – commenta -. Seicentosettantatre milioni di euro che potevano rigenerare non solo la vita di molte persone (3mila), ma la vita anche delle nostre comunità. Seicentosettantatre milioni di euro che avrebbero significato posti di lavoro e un indotto economico».

Per il presule, «seicentosettantatre milioni di euro veramente “buttati in mare” per l’incapacità di governare un fenomeno – quello delle migrazioni forzate – che si finge di bloccare, ma che cresce di anno in anno, anche per politiche economiche che non favoriscono – se non con le briciole – lo sviluppo dei Paesi al di là del Mediterraneo. Seicentosettantatre milioni – prosegue – spesi anche perché guardiamo maggiormente a vendere armi – le spese per gli armamenti sono aumentate del 3,7% rispetto all’anno precedente, raggiungendo i 2240 miliardi di dollari, il livello più alto mai registrato (Sipri) – e a finanziare conflitti – sono 56 gli Stati che nel 2022 si trovavano in situazioni di conflitto armato, 5 in più dell’anno precedente (Sipri) -, piuttosto che a costruire pace. Uno spreco di risorse pubbliche. Un nuovo atto di non governo delle migrazioni, di non tutela degli ultimi della terra. Una nuova sconfitta della democrazia».

L’intesa con l’Albania è colonna portante della strategia definita dal governo Meloni con l’obiettivo di frenare gli arrivi, in parallelo con il nuovo rapporto con i Paesi africani che rientra sotto l’ombrello del Piano Mattei. Il filo rosso: il «modello Caivano», è l’indicazione ai ministri, incalzati dalla premier a essere immediatamente «operativi», senza lasciare cadere il dialogo avviato in particolare con i paesi del Nord Africa.

Da Meloni, nessun accenno all’intesa con Tirana né alle parole di Perego. A prendere le difese dell’accordo, il vice premier Antonio Tajani, ministro degli Affari esteri, che parla di soldi «ben spesi per affrontare la questione migratoria con un Paese che è candidato a far parte dell’Unione Europea». Intanto, c’è la preoccupazione che le ondate di sbarchi possano riprendere,  in particolare dal Sudan via Tripolitania. Quindi, per dare concretezza al Piano Mattei, la presidente del Consiglio Meloni chiede intanto di organizzare «tavoli ministeriali per rafforzare la collaborazione», soprattutto «con Tunisia e Libia, ben consapevoli delle differenze tra Tripolitania e Cirenaica». E di andarci «tutti».

16 febbraio 2024