Ecuador, il presidente dei vescovi: capire le «cause strutturali» della violenza

Le parole rilasciate all’agenzia informativa del Consiglio episcopale latinoamericano. «Forse la principale è la povertà». Una «sfida educativa enorme». L’impegno della Chiesa

Dell’ondata di violenza che investe l’Ecuador parla all’agenzia informativa del Consiglio episcopale latinoamericano Adn Celam il presidente della Conferenza episcopale ecuadoriana Luis Cabrera Herrera, arcivescovo di Guayaquil. E invita a tentare di comprender a partire dalla sue cause strutturali. «Ne abbiamo individuate alcune – afferma -; forse la principale, la più impegnativa, è la povertà». In tutte le sue forme. «Inizia con la mancanza di istruzione, salute, alloggio e lavoro. Questo è il terreno di coltura in cui i gruppi organizzati predano facilmente i bambini e i giovani per trasformarli in assassini ed estorsori a pagamento».

Nell’analisi del presule, si tratta di un problema che investe l’intera America Latina e ciò rappresenta una sfida educativa enorme. Impossibile, è il monito di Cabrera, restare a inerti. «Come Chiesa – assicura – stiamo facendo la nostra parte, assumendo la responsabilità di 21 enti educativi, 19 dei quali si trovano in quartieri periferici, ritenuti economicamente depressi. Siamo presenti, ma sappiamo che non è sufficiente». Alla Chiesa infatti, prosegue, spetta il compito di creare una coscienza di unità. «Siamo tutti ecuadoriani, non solo quelli che mangiano oggi, ma anche quelli che non mangiano, non solo quelli che hanno un’istruzione, ma anche quelli che non possono accedervi. Credo che dobbiamo sensibilizzare con fatti concreti, espressioni reali, affinché non rimanga un sentimentalismo, una chimera, un sogno lontano, perché alla fine si continuerà a morire di fame e non si farà nulla».

Tornando alla situazione nel Paese, il presidente dei vescovi conferma che la Chiesa non ha avuto finora nessun incontro con il presidente Danile Noboa. «Non siamo riusciti a parlare con lui – dichiara -. Speriamo che, in base agli eventi, si trovi un meccanismo per cui come Chiesa possiamo contribuire con ciò che sappiamo. L’invito è a dialogare con persone di diverse tendenze politiche e ideologiche per questa causa comune. Come Chiesa siamo aperti. Come Chiesa, saremo sempre a braccia aperte, pronti a dialogare e a collaborare per affrontare non solo i fenomeni, ma anche le cause che originano queste situazioni di violenza tra fratelli».

Riguardo ai fatti delle ultime settimane, l’arcivescovo parla di azione estreme, in risposta alle paure della popolazione. «La situazione era invivibile, insopportabile – riferisce -; ogni giorno morivano due o tre persone o intere famiglie. I cittadini non avevano paura ma panico. Siamo realisti, ma questi sono problemi strutturali che risalgono a decenni fa, villaggi che sono stati completamente abbandonati, e questo ci spezza il cuore».

22 gennaio 2024