Azerbaijan, dove le mine antiuomo ostacolano il ritorno degli sfollati

L’ambasciatore Mukhtarov interviene dopo le parole del Papa nell’udienza al corpo diplomatico. L’auspicio di un accordo di pace con l’Armenia, «al più presto»

«Abbiamo apprezzato molto le parole del pontefice in occasione dell’udienza al corpo diplomatico per la presentazione degli auguri per il nuovo anno, l’8 gennaio 2024». Ad affermarlo è l’ambasciatore della Repubblica dell’Azerbaigian presso la Santa Sede Ilgar Mukhtarov, che ricorda il riferimento del Papa «alla situazione nel Caucaso meridionale e alla necessità di “favorire il ritorno degli sfollati alle proprie case in legalità e sicurezza e rispettare i luoghi di culto delle diverse confessioni religiose ivi presenti”». Passi che, aggiunge in una nota diffusa dall’ambasciata, «potranno contribuire alla creazione di un clima di fiducia tra i due Paesi in vista della tanto desiderata pace».

Nel testo si ricorda, ancora, «il dolore dei 250mila azerbaigiani rifugiati dall’Armenia e dei circa 750mila azerbaigiani, sfollati interni dal Garabagh, per più di trent’anni costretti a vivere lontano dalle loro case. Il maggior ostacolo ancora oggi al loro ritorno nelle proprie abitazioni, in sicurezza, è la presenza delle mine antiuomo disseminate dagli occupanti durante tre decenni. Apprezziamo molto l’aiuto della comunità internazionale e di quanti ci supportino nella bonifica dei territori liberati, permettendo di pianificare una nuova vita di pace e convivenza al nostro popolo», sono ancora le parole dell’ambasciatore.

L’Azerbaigian, Paese «multietnico e multiconfessionale», evidenzia ancora Mukhtarov, «ha sempre riservato massima attenzione alla tutela e al rispetto di tutte le religioni, alle quali sono riconosciuti medesimi diritti, ed è massimo l’impegno per la conservazione del patrimonio di tutte le religioni rappresentate e tutelate in Azerbaigian. Ci auguriamo che un accordo di pace tra Azerbaigian e Armenia possa essere firmato al più presto, e che tutte le vie di comunicazione tra i due paesi possano essere aperte, così da permettere il ritorno dei rifugiati», conclude.

12 gennaio 2024