L’esercito di Israele nel porto di Gaza

Il portavoce militare: scoperti 10 imbocchi di tunnel e distrutte 4 strutture usate per il terrorismo. «Era usato da Hamas per gli attacchi». Colpiti anche obiettivi di Hezbollah nel sud del Libano. Il blitz all’ospedale Al Shifa e l’ordine di evacuazione dal sud della Striscia

Dopo il blitz dell’esercito israeliano all’ospedale Al Shifa a Gaza City, il più grande della Striscia, e l’ordine alla popolazione di tre villaggi della zona sud di Gaza – dove finora hanno trovato rifugio gli sfollati dal nord – di lasciare le abitazioni per motivi di sicurezza – che sembra preludere a una possibile azione militare anche in quell’area -, i soldati di Israele hanno preso il controllo del porto di Gaza usato da Hamas. Il portavoce militare informa che «hanno scoperto 10 imbocchi di tunnel e distrutto 4 strutture usate per il terrorismo, uccidendo 10 terroristi». Hamas, ha aggiunto, ha usato il luogo, «mascherato da porto civile», come «area per addestramento e conduzione di attacchi terroristici, il tutto utilizzando navi civili e della polizia portuale di Gaza».

La fazione islamica ha definito l’annuncio sul ritrovamento di armi nell’ospedale di Gaza «una palese menzogna» da parte dello Stato ebraico. Anche l’Olp ha parlato di «una continuazione della guerra genocida» e di «un nuovo crimine di guerra», così come larga parte del mondo arabo, che ha condannato duramente il blitz israeliano. Il Qatar, in particolare, al lavoro come mediatore per  la liberazione degli ostaggi, ha chiesto «un’indagine internazionale sui raid» negli ospedali mentre la Giordania ha parlato di «violazione delle leggi di guerra». Anche gli Usa sono intervenuti con il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale John Kirby affermando di non aver dato alcun assenso all’operazione allo Shifa.

Dall’Onu, il responsabile per i diritti umani Volker Turk ha denunciato le gravi accuse di violazione del diritto internazionale nella guerra tra Israele e Hamas, sostenendo la necessità di un’indagine internazionale. «Accuse estremamente gravi di violazioni multiple e profonde del diritto internazionale umanitario, chiunque le abbia commesse, richiedono indagini rigorose e piena responsabilità», sono le sue parole, pronunciate in un briefing sulla situazione agli Stati membri delle Nazioni Unite. «È necessaria un’indagine internazionale», ha aggiunto. Secca la replica dell’ambasciatore israeliano all’Onu, secondo cui il diritto internazionale «non è un patto suicida». Dall’ambasciatore della Palestina all’Onu Ibrahim Khraishi arriva invece un forte appello all’assemblea, lanciato in una riunione degli Stati membri a Ginevra: «Dovreste svegliarvi in questa stanza. Questo è un massacro, un genocidio, e lo vediamo in tv. Non può continuare», ha dichiarato.

Sempre dalle Nazioni Unite, l’Ufficio per gli affari umanitari (Ocha) informa che anche l’ultimo mulino rimasto a Gaza, a Deir Al Balah, è stato colpito e distrutto. Significa che la farina prodotta localmente non sarà più disponibile nella Striscia nel prossimo futuro. Contestualmente, un comunicato dell’Agenzia Onu per i rifugiati palestinesi (Unrwa) informa che un altro suo operatore è rimasto ucciso in un attacco nell’area di Gaza City, portando così a 103 il numero di «colleghi dell’Unrwa» morti nella guerra tra Hamas e Israele, al 14 novembre. Si tratta del numero più alto di operatori umanitari delle Nazioni Unite uccisi in un conflitto nella storia dell’organizzazione, si legge nella nota.

Colpita da aerei israeliani, la scorsa notte, la casa del capo dell’Ufficio politico di Hamas Ismail Haniyeh, a Gaza. Secondo l’esercito, «era usata come infrastruttura del terrore e spesso ha ospitato riunioni dei leader di Hamas per dirigere atti terroristici contro civili e militari israeliani». In più, ha informato il portavoce delle Forze di difesa israeliane, nella presa del campo profughi di Shati i soldati hanno localizzato e distrutto un deposito di armi della forza navale di Hamas «contenente attrezzatura subacquea, ordigni esplosivi e armi». Le truppe, ha aggiunto,  hanno anche «colpito i terroristi e localizzato armi tra cui cinture esplosive, barili esplosivi, lancia granate, missili anticarro, apparecchiature di comunicazione e documenti di intelligence».

La polizia israeliana dà notizia invece di un agguato armato condotto all’ingresso di un tunnel nella zona di Betlemme, in Cisgiordania, nel quale sono rimasti feriti 6 civili israeliani. Secondo i media, i tre palestinesi armati responsabili dell’attentato sono stati uccisi. Feriti anche 4 fra militari e agenti di sicurezza, di cui uno in modo grave. La polizia ha fatto confluire rinforzi nella zona dell’attentato, nel timore che l’attacco non sia ancora concluso.

L’esercito israeliano ha attaccato anche numerosi obiettivi di Hezbollah nel sud del Libano, incluse postazioni militari dell’organizzazione, informa sempre il portavoce militare, aggiungendo che è stato colpito «un terrorista che operava in territorio libanese» non distante dall’area della cittadina di Shlomi sul versante israeliano. La rivendicazione è arrivata questa mattina, 16 novembre, da parte degli Hezbollah libanesi. In un comunicato del Partito di Dio si afferma che i combattenti hanno sparato contro la caserma di Misgav Am, nel settore orientale delle Linea Blu di demarcazione tra i due Paesi.

Nel cuore di Israele intanto il capo dell’opposizione Yair Lapid afferma su X: «È giunto il momento: dobbiamo istituire un governo nazionale di ricostruzione. Il Likud lo guiderà – spiega -, Netanyahu e gli estremisti saranno sostituiti: oltre 90 parlamentari saranno partner in una coalizione di recupero e riunione». Per Lapid «l’anello debole è il governo, e soprattutto il premier. Netanyahu – ha insistito – ha perso la fiducia dei suoi cittadini, la fiducia della comunità internazionale e, cosa più grave, la fiducia del sistema di sicurezza».

16 novembre 2023