Medio Oriente: riaperto il valico di Rafah

L’Egitto aiuterà a evacuare circa 7mila stranieri. Tra martedì 31 ottobre e mercoledì 1° novembre, attaccato per tre volte il campo profughi di Jabalia. L’Onu: «Temiamo seriamente che si tratti di attacchi sproporzionati che potrebbero equivalere a crimini di guerra»

Aperto anche nella giornata di oggi, 2 novembre, il valico di Rafah, tra Gaza e l’Egitto. La notizia arriva dall’Ansa, in contatto con fonti locali secondo cui  l’apertura serve a favorire l’ulteriore uscita degli stranieri, di quelli con doppia nazionalità e dei feriti, cominciata ieri. Incontrando al Cairo i rappresentanti delle ambasciate straniere per fornire informazioni sui documenti necessari per entrare in Egitto dal territorio palestinese devastato dalla guerra, il ministro degli Esteri egiziano ha dichiarato che sono circa 7mila i titolari di passaporti stranieri, provenienti da 60 Paesi, in attesa di lasciare la Striscia. Già ieri, 1° novembre, centinaia di stranieri e di palestinesi con doppia nazionalità hanno lasciato Gaza e sono entrati in Egitto per la prima volta dagli attacchi del 7 ottobre, che hanno innescato la guerra tra Israele e Hamas. Trasferiti attraverso il valico di Rafah anche alcuni palestinesi gravemente feriti, per essere curati. Intanto, con i 55 camion di aiuti umanitari ricevuti sempre ieri dalla Mezzaluna rossa palestinese, sale a 272 il totale dei convogli umanitari che hanno raggiunto il territorio della Striscia. Ancora una goccia nel mare, secondo gli operatori impegnati sul campo.

L’esercito israeliano intanto continua «a colpire terroristi e distruggere infrastrutture del terrore» a Gaza, informa il portavoce militare, riferendo che nella notte «i soldati si sono scontrati con numerose cellule terroristiche nel nord della Striscia uccidendo decine di terroristi». I soldati, spiega, hanno affrontato le milizie di Hamas con «l’assistenza del fuoco dell’artiglieria e dei tank», guidando al tempo stesso «un attacco aereo con un elicottero e un missile lanciato da una nave». Continuano anche gli scontri a fuoco al confine tra Israele e Libano. L’esercito israeliano ha confermato che uno dei suoi droni è stato abbattuto da un missile terra-aria lanciato dal Libano e ha dichiarato di aver attaccato il gruppo di militanti che avrebbero lanciato il razzo. Dall’inizio della guerra, è la seconda volta che Hezbollah colpisce un drone israeliano e si parla di un nuovo livello di confronto tra le due parti.

Colpito per tre volte, tra martedì 31 ottobre e mercoledì 1° novembre, il campo profughi di Jabalia, nel nord di Gaza. Secondo un ufficio stampa governativo gestito da Hamas, sarebbero almeno 195 le persone uccise solo nei primi due bombardamenti; almeno 777 i feriti. In 120 risultano ancora dispersi. Le forze armate israeliane hanno affermato di aver preso di mira e ucciso ieri, 1° novembre, Muhammad Asar, il comandante della flotta di missili guidati anticarro di Hamas, mentre il 31 ottobre l’obiettivo era Ibrahim Biari, comandante chiave di Hamas collegato all’attacco contro Israele del 7 ottobre. Ma l’Alto Commissariato Onu per i diritti umani (Ohchr) avverte: gli attacchi sul campo profughi potrebbero costituire un crimine di guerra. «Dato l’elevato numero di vittime civili e l’entità della distruzione a seguito degli attacchi aerei israeliani sul campo profughi di Jabalia – scrivono su X -, temiamo seriamente che si tratti di attacchi sproporzionati che potrebbero equivalere a crimini di guerra».

Il ministero della Sanità di Gaza informa intanto che questa mattina preso è andato fuori servizio il generatore di energia dell’ospedale indonesiano di Beit Lahia, vicino al campo di Jabalia, il principale ospedale della Striscia. Il portavoce del ministero Ashraf Al-Qudra ha dichiarato ai media locali che l’ospedale sta funzionando con un piccolo generatore di riserva, ma sono state spente le luci e i generatori di ossigeno e non funzionano nemmeno i frigoriferi della camera mortuaria. «Misure eccezionali», le ha definite, che permetteranno all’ospedale indonesiano di «funzionare per qualche giorno”». Secondo Israele, però, Hamas è in possesso di centinaia di migliaia di litri di carburante che potrebbe fornire agli ospedali e alla popolazione civile.

Esplosioni e bombardamenti, riferisce la Mezzaluna rossa palestinese, si sono uditi all’alba di oggi anche nelle vicinanze dell’ospedale Al-Quds di Gaza. «Per oltre due ore – scrivono su X – l’area attorno all’ospedale Al-Quds nel Tel Al-Hawa a Gaza è stata colpita da intensi bombardamenti, con forti esplosioni che hanno causato uno stato di panico e paura tra le équipe ospedaliere e gli oltre 14mila sfollati». A corredo, diversi video girati da una delle finestre della struttura.

Sale nel frattempo la preoccupazione per i fenomeni di antisemitismo in aumento in diversi Paesi del mondo. Anche a Roma sono state vandalizzate alcune “pietre d’inciampo” in memoria delle vittime della deportazione degli ebrei di Roma. E dallo Yad Vashem, il Museo della Shoah a Gerusalemme, sale l’appello «ai leader politici, culturali, religiosi e accademici di tutto il mondo a dichiarare guerra all’antisemitismo», lanciato dal presidente Dany Dayan. «Seguiamo da vicino il drammatico aumento dell’antisemitismo nelle parole e nei fatti – afferma -, compresi gli attacchi violenti contro le comunità, le istituzioni e gli individui ebraici».

2 novembre 2023