Il sogno irrealizzato di Yehoshua

Ne “Il terzo tempio”, il suo “testamento”, la tensione irrisolta fra sentimenti umani, lanciati verso il presagio della vita infinita, e convenzioni giuridiche, fastidiosi ma necessari legacci

I temi delle identità violate e ricostruite, in una doppia accezione, personale e nazionale, sono sempre stati al centro dell’opera di Abraham Yehoshua, il grande scrittore israeliano scomparso nel 2022 a 86 anni. Nella sua produzione romanzesca e drammaturgica l’istituzione matrimoniale ha spesso assunto un valore simbolico configurandosi come il banco di prova dei caratteri e delle tradizioni nell’affascinante ma complicata terra palestinese. Non stupisce quindi che l’ultima creazione letteraria, sorta di dialoghetto teatrale e racconto filosofico, Il terzo tempio (Einaudi, traduzione di Sarah Parenzo, 14 euro) riprenda, in forma succinta e ultimativa, il medesimo contenuto.

Protagonista della pièce è Esther Azoulay, una giovane donna parigina immigrata a Tel Aviv che si rivolge al rabbino Nissim Shoshani per denunciare il suo collega, Eliahu Modiano, reo di averla convertita all’ebraismo in modo truffaldino all’unico scopo di sottrarla al rapporto sentimentale con David Mashiah, ebreo iraniano, il quale, data l’estrazione sacerdotale della famiglia di provenienza, non avrebbe potuto unirsi ufficialmente a lei. Nissim, il cui segretario askenazita pratica circoncisioni per arrotondare lo stipendio, assomiglia ai commissari di Dürrenmatt: comprensivo e amaramente consapevole del male che alberga dentro di noi.

Lo scrittore usa tale griglia tematica per riproporre, ancora una volta, la tensione irrisolta fra i sentimenti umani, lanciati a tutta forza verso il presagio della vita infinita, e le convenzioni giuridiche, elaborate come fastidiosi ma necessari legacci, finendo per caricare di sarcasmo la proposta della giovane donna che, allo scopo di sottrarsi al vicolo cieco in cui si è trovata, dopo aver screditato il rabbino Modiano, evidentemente incapricciato di lei, vorrebbe ricostruire un Terzo Tempio, fuori dalle mura di Gerusalemme, tra la valle della Geenna e la Tomba di Assalonne: un luogo utopico, dove praticare la vera pace, «senza distruggere la chiesa e la moschea».

E come dovrebbe essere codesto santuario? La signora mostra di avere le idee molto chiare: «Non vi si eseguirà nessun sacrificio, né vi si rinnoveranno rituali, ma gli inni e i canti faranno sì che i nostri morti risorgano a nuova vita. Perché i nostri morti sono fin troppi». È stato questo, a ben riflettere, il sogno irrealizzato di Abraham Yehoshua, il quale tuttavia, in quello che giustamente è stato definito il suo testamento, s’identifica piuttosto con la superstite probità morale del buon rabbino Nissim Shoshani. Egli, dopo aver ascoltato pazientemente la confessione di Esther ed essersi emozionato insieme a lei, non esita a redarguire, seppure in modo bonario, il suo segretario che vorrebbe evadere le tasse dichiarando meno circoncisioni di quelle realmente effettuate: «Per favore, dichiarale tutte. Non voglio che si dica che il mio segretario froda lo Stato».

3 ottobre 2023