Tratta e sfruttamento: minorenne una vittima su tre

Il XIII rapporto “Piccoli schiavi invisibili” di Save the Children punta l’obiettivo sulla situazione nelle nelle province di Latina e Ragusa, due tra le aree italiane a maggior rischio per quanto riguarda il lavoro agricolo. La richiesta a Comuni e governo di misure concrete

Dedicato ai figli “invisibili” di genitori sfruttati nel lavoro agricolo in alcuni territori del nostro Paese, a grave rischio nell’accesso alla scuola e alle cure sanitarie, il XIII rapporto “Piccoli schiavi invisibili” di Save the Children, diffuso oggi, 26 luglio, in vista della Giornata internazionale contro la tratta di esseri umani (il 30 luglio). Sotto la lente d’ingrandimento, in particolare, un sistema che di fatto viola il diritto alla salute e all’educazione di bambine, bambini e adolescenti figli di braccianti in due tra le aree italiane a maggior rischio di sfruttamento lavorativo agricolo come la provincia di Latina e la Fascia Trasformata di Ragusa.

La riflessione proposta dall’organizzazione parte dai dati: non oltre 190mila le vittime di tratta e sfruttamento nel mondo identificate tra il 2017 e il 2020. La maggior parte infatti restano invisibili. A soffrire maggiormente per mano dei trafficanti, le donne (42%) e i minori (35%), mentre le principali forme di sfruttamento sono state di tipo lavorativo o sessuale, in proporzioni praticamente identiche, rispettivamente 38,8% e 38,7%. Se, per la prima volta e a causa del Covid, l’emersione dei casi ha avuto una contrazione dell’11% tra il 2019 e il 2020, il numero delle persone che migrano senza poter contare su canali di accesso legali invece è aumentato, per effetto di crisi climatica, disuguaglianze e conflitti in corso, che costringono milioni di persone a sfollare e vivere in condizioni di vulnerabilità e povertà estrema, soprattutto nel caso di donne, bambine e bambini. Persone potenzialmente esposte al rischio di tratta e sfruttamento. A dimostrazione, la provenienza di persone divenute vittime di tratta per conseguenza delle guerre è per lo più dall’Africa Sub-Sahariana (73%) e dal Medio Oriente (11%).

Anche in Europa si stima un numero elevato di vittime non registrate, mentre i casi emersi nel periodo 2019-2020 sono stati 14.311, il 23% dei quali relativo a minori. In Italia, le nuove vittime di tratta e sfruttamento identificate nel 2021 sono state 757; in più di 1 caso su 3 (35%) si è trattato di minori, con una prevalenza di bambine e ragazze (168 casi) rispetto a bambini e ragazzi (96). Le sole vittime prese in carico dal sistema anti-tratta nel 2022 sono state 850, di cui il 59% donne e poco meno del 2% (1,6%) i minori. Il principale paese d’origine è la Nigeria (46,7%), seguita da Pakistan (8,5%), Marocco (6,8%), Brasile (4,5%) e Costa d’Avorio (3,3%) e altri Paesi, mentre tra le forme di sfruttamento prevale quello di tipo sessuale (38%), seguito dallo sfruttamento lavorativo (27,3%).

L’analisi di Save the Children si focalizza quindi sulle aree della provincia di Latina, nel Lazio, e della Fascia Trasformata di Ragusa, in Sicilia, raccontate dalla giornalista Valentina Petrini, co-curatrice del rapporto. Territori caratterizzati dallo sfruttamento del lavoro agricolo. Quella che emerge è la fotografia di bambine e bambini figli di braccianti sfruttati, a loro volta vittime, dalla nascita, di un sistema di violazione dei loro diritti basilari sistematico e “normalizzato” ed esposti al rischio di divenire loro stessi vittime dello sfruttamento o di abusi. A cominciare dagli alloggi di fortuna, nei terreni agricoli, in condizioni di forte isolamento, con un difficile accesso alla scuola e ai servizi sanitari e sociali. «Sono tantissimi e, nonostante alcuni sforzi specifici messi in campo, sono per lo più “invisibili” per le istituzioni di riferimento, non censiti all’anagrafe, ed è quindi difficile anche riuscire ad avere un quadro completo della loro presenza sul territorio», rilevano dall’organizzazione. Il rapporto raccoglie testimonianze dirette di chi ha subito o subisce lo sfruttamento, insieme a quelle di rappresentanti delle istituzioni e delle realtà della società civile, dei sindacati, dei pediatri, dei medici di base e degli insegnanti, impegnati in prima linea, che restituiscono un quadro di diffusa privazione dei diritti di base che compromette il presente e il futuro dei bambini e delle bambine che nascono e crescono in queste condizioni.

Al centro, dunque, c’è il nesso «nocivo» tra tratta, grave sfruttamento e infanzia negata. Stimati in circa 230mila gli occupati irregolari nel settore dell’agricoltura in Italia nel 2021, in una situazione in cui difficoltà economiche e sfruttamento schiacciamo molte famiglie, divenendo parte integrante della vita di bambine e bambini, che vivono completamente isolati dai contesti urbani e gli uni dagli altri, senza piazze o spazi comuni in cui giocare, senza centri sportivi o aggregativi, in condizioni abitative spesso malsane o al limite, degradate e affollate, con 2 o 3 famiglie a dividersi 55 metri quadrati. L’assenza quasi completa di ogni dimensione sociale organizzata e condivisa per i minori, fa della scuola l’unico presidio attivo per il contrasto all’isolamento dei bambini. Ma anche a scuola, le cose non sono semplici. Nella provincia di Latina, ad esempio, più della metà degli operai agricoli censiti/regolari (13mila su un totale di 20mila), sono di origine straniera, in prevalenza indiana; una proporzione che si rispecchia anche tra gli studenti di alcune scuole primarie nelle aree dove è stata svolta la ricerca, dove la metà circa è di origine straniera e la mancanza di un adeguato sostegno linguistico è un grave ostacolo per studenti, famiglie e insegnanti.

povertà educativa, dispersione scolasticaIn alcuni casi, poi, il filo rosso del percorso scolastico si sfilaccia o si spezza a causa di un coinvolgimento diretto dei minori nello sfruttamento lavorativo, già a partire dai 12-13 anni, con paghe che si aggirano intorno ai 20-30 euro al giorno. «Si può trattare di un lavoro a tempo pieno o, più spesso, limitato al tempo extra-scolastico quotidiano o estivo, o di un impegno che può iniziare già a 10 anni per “dare una mano” nel periodo di raccolta». Nel periodo del Covid poi per molti studenti la scuola è stata completamente sostituita dal lavoro e al ritorno tra i banchi nel  pomeriggio si continua ad aiutare nelle serre, con una grossa difficoltà nel fare i compiti e il conseguente deficit nel rendimento scolastico che porta a bocciature nelle scuole medie, e a un ingresso ritardato alle superiori (16 o 17 anni). Come è successo a S., 14 anni, al lavoro da quando ne aveva 13. Lei a scuola ci va lo stesso, ma capita che per la stanchezza si addormenti sul banco. Un’esperienza comune, tra quelle dei minori che si raccontano nel rapporto. Storie che si intrecciano con i dati allarmanti sul lavoro minorile diffusi recentemente da Save the Children: in Italia si stima che tra i 14-15enni che lavorano, il 27,8% (circa 58mila minorenni) abbia svolto lavori particolarmente dannosi per il proprio sviluppo educativo e per il benessere psicofisico. Tra i minorenni intervistati che hanno dichiarato di aver avuto esperienze lavorative, il 9,1% è impiegato in attività in campagna.

A creare ulteriori difficoltà, la barriera della burocrazia, sia nell’atto dell’iscrizione online a un nuovo anno scolastico che su altri fronti “chiave”, come l’ottenimento della residenza o del codice fiscale, l’assegnazione del medico o del pediatra, l’accesso ai bonus per i servizi mensa e trasporto, o le procedure dell’Isee o dell’F24. «Si tratta di operazioni indispensabili per poter godere dei diritti di base, ma enormemente complicate dalle condizioni di precarietà economica, logistica e linguistica dei genitori, che, nonostante gli sforzi fatti da istituzioni locali, sindacati e cooperative, hanno anche consentito lo sviluppo di una forma di caporalato dei servizi, che offre ogni tipo di supporto a pagamento, fuori da ogni controllo, che si traduce in ulteriori forme di violenza e violazione dei diritti essenziali dei minori», rilevano da Save the Children.

bambini, infanzia, povertà, disagioUno dei rischi principali è la negazione del diritto alla salute per bambine e bambini, come dimostrano le testimonianze raccolte tra medici e pediatri nella provincia di Latina e Ragusa, dove può succedere di trovarsi, in ambulatorio o in ospedale, di fronte ad una richiesta di assistenza medica essenziale per una bambina o un bambino in assenza di iscrizione sanitaria. Gli stessi medici e infermieri devono anche far fronte in autonomia alle difficoltà linguistiche nell’interazione con i genitori e si ritrovano spesso costretti ad affidarsi ai piccoli stessi per le indicazioni sulle cure da seguire, oppure a fratelli e sorelle, quando ci sono. «Questo rapporto – afferma Raffaela Milano, direttrice dei Programmi Italia – Europa di Save the Children – ci dice che i lavoratori e le lavoratrici sfruttate in campo agricolo, oltre a essere vittime dirette di questa condizione, sono anche genitori, madri e padri di bambini “invisibili” che crescono nel nostro Paese privi di diritti essenziali. Questa dimensione così grave dello sfruttamento – aggiunge – troppo spesso, sino a oggi, è stata ignorata. È fondamentale innanzitutto riconoscere l’esistenza di questi bambini, assicurare ad ognuno di loro la residenza anagrafica, l’iscrizione al servizio sanitario e alla scuola e i servizi di sostegno indispensabili per la crescita».

Di qui la richiesta al ministero del Lavoro e delle politiche sociali di «integrare il Piano triennale di contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura e al caporalato con un programma specifico per l’emersione e la presa in carico dei figli dei lavoratori agricoli vittime di sfruttamento, da definire con le parti sociali e il Terzo settore, alla luce delle esperienze e delle buone pratiche sperimentate sul campo». Ancora, «chiediamo ai Prefetti dei territori dove il fenomeno è più presente di attivare un coordinamento con gli uffici scolastici provinciali, i servizi sociali, l’associazionismo e le organizzazioni sindacali per una sistematica azione di monitoraggio della presenza dei minorenni nei territori agricoli e per una offerta attiva dei servizi di base – sono le parole di Milano -. In questo quadro, riteniamo anche necessario che questo tema sia inserito nei percorsi di formazione degli ispettori del lavoro e di tutto il personale con compiti di verifica della attuazione delle leggi in materia affinché, con il sostegno del terzo settore, delle organizzazioni sindacali e delle reti anti-tratta, si rafforzi la capacità del sistema di intercettare in modo tempestivo tutte le forme, dirette e indirette, di sfruttamento dei minorenni in ambito agricolo e si potenzino le misure di protezione e di sostegno alle vittime».

Con lo scopo di realizzare un intervento pilota, già nel 2022 Save the Children ha scelto la Fascia Trasformata di Ragusa per avviare il progetto “Liberi dall’Invisibilità”, che ha anche attivato alcune unità mobili con operatori dedicati all’osservazione delle varie forme di sfruttamento, ed è dotato di alcuni pulmini da trasporto dedicati, per consentire la massima fruibilità delle attività da parte di tutte le bambine e i bambini presenti sul territorio, e ha già coinvolto, nel suo complesso, più di 500 minori e 400 adulti. Tra gli altri progetti messi in campo dall’organizzazione, Vie d’Uscita, lanciato nel 2012, e realizzato nel Lazio, in Veneto, Piemonte, Liguria, Marche e Abruzzo, che si occupa dell’individuazione diretta delle vittime anche su strada, e dei percorsi di fuoriuscita dai circuiti della tratta a scopo di sfruttamento sessuale o lavorativo e dell’accompagnamento all’autonomia economica e sociale. Dal 2021 è attivo il progetto Nuovi Percorsi, realizzato in collaborazione con il Numero Verde Anti-tratta, gli enti anti-tratta attivi in tutta Italia e altri enti territoriali, sia pubblici che del privato sociale, per supportare la presa in carico di mamme vittime e dei loro figli in modo integrato, delineando un percorso individualizzato per ciascun nucleo e attivando Doti di Cura finalizzate a favorire l’autonomia della madre e percorsi sani di crescita per i figli.

Ancora, nell’aprile scorso Save the Children Italia ha avviato il progetto europeo E.V.A. (Early identification and protection of Victims of trafficking in border Areas), di cui è capofila, e che punta a supportare i minori, le ragazze e le giovani donne migranti fino ai 30 anni d’età con o senza figli, vittime di tratta o a rischio di re-trafficking, che transitano in alcune zone di confine tra Italia (Ventimiglia), Francia (Provenza-Alpi-Costa Azzurra, Parigi, e Nîmes) e Spagna (Paesi Baschi). Gli altri partner del progetto includono Numero Verde Anti-tratta e Consorzio Agorà in Italia, MIST, ARAP e France Terre d’Asile in Francia, e Save the Children Spagna nella penisola Iberica.

26 luglio 2023