Enrichetta Beltrame Quattrocchi, «la vocazione dell’essere figlia»

La presentazione del libro di padre Noviello, postulatore della causa di canonizzazione. Intervenuti, con l’autore, il cardinale Semeraro e il figlio adottivo Francesco

Quella della venerabile Enrica Beltrame Quattrocchi, per tutti Enrichetta, è una «vocazione “nuova” non catalogabile negli schemi tradizionali della vita cristiana. È la vocazione dell’essere figlia». Su questo tratto specifico della venerabile si è soffermato il cardinale Marcello Semeraro, prefetto del dicastero delle Cause dei santi, intervenuto ieri, 27 marzo alla presentazione del libro “Enrichetta Beltrame Quattrocchi (1914-2012) Il mestolino di Dio” di padre Massimiliano Noviello, frate cappuccino e postulatore della causa di beatificazione e canonizzazione aperta il 6 aprile 2018 nella cattedrale di Napoli dal cardinale Crescenzio Sepe.

In 400 pagine il sacerdote racconta la storia dell’ultimogenita dei beati coniugi Luigi e Maria, prima coppia di sposi elevata agli onori degli altari il 21 ottobre 2001 da san Giovanni Paolo II. Enrichetta, della quale il 30 agosto 2021 Papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto riguardante le virtù eroiche, «sapeva di essere figlia di genitori santi, ma soprattutto visse fino in fondo il suo essere figlia», ha aggiunto il cardinale Semeraro durante l’incontro svoltosi alla Pontificia Università Urbaniana. Il porporato, che firma la prefazione del libro edito da Morcelliana, soffermandosi sulla famiglia che «non è solo il luogo dove diventare santi, ma lo strumento per diventarlo», ha annunciato che per il mese di novembre il dicastero sta organizzando un convegno sulla dimensione comunitaria della santità. «Non si diventa santi da soli – ha aggiunto -; alla chiamata del Signore non si risponde solo in famiglia ma con la famiglia».

Padre Noviello conosceva bene la venerabile che si definiva “il mestolino di Dio” perché votò la sua vita alla carità e al servizio degli ultimi. Il postulatore si è soffermato su quella che lui definisce la “pro-vocazione” di Enrichetta intesa «come azione intrigante e come chiamata invitante». Una pro-vocazione che consiste «nell’invito non solo e non tanto a una santità del quotidiano – ha affermato il frate – quanto a una santità su misura del proprio essere, del proprio carattere e dei propri “sentieri interrotti”». Enrichetta, infatti, decise di non sposarsi e di non intraprendere la vita monastica, a differenza dei suoi tre fratelli, per rimanere accanto ai genitori assistendoli nell’anzianità. La sua è stata una pro-vocazione «a saper vestire di naturalezza e spontaneità il proprio percorso interiore».

Per il rettore Leonardo Sileo, «bisogna riflettere sul dono dei santi e delle sante di Dio» mentre Sandra Mazzolini, decano della facoltà di Missiologia, ha rimarcato che la «santità non deve essere ridotta ai santini ma riguarda la vita di ognuno». Francesco Beltrame Quattrocchi, figlio adottivo di Enrichetta, ha ricordato la «capacità della venerabile di parlare con chiunque» e ha evidenziato la sua dimensione internazionale, parlando del viaggio in Cina che Enrichetta fece nel 1979 per accompagnare il fratello Paolino. «Fu molto colpita dalla profonda fede dei cattolici in Cina».

Arnoldo Mosca Mondadori, saggista e poeta, pensando al dipinto “La Vocazione di San Matteo” e nello specifico al raggio di luce che illumina i personaggi immersi nella penombra, ha affermato che per tutta la vita Enrichetta «ha fatto sì che la luce di Gesù la contaminasse e la convertisse». Cesare Salvi, già ministro e senatore, legato da lontana parentela alla famiglia Beltrame Quattrocchi, ha parlato della passione di Enrichetta per l’arte e la bellezza in generale – aveva infatti insegnato storia dell’arte in vari licei romani – e del suo interesse per le auto. «Era molto competente – ha detto -: conosceva marche e modelli e sapeva guidare bene».

28 marzo 2023