Giornata vittime di mafia, don Ciotti: «Senza verità non può esistere giustizia»

Il fondatore di Libera ha tenuto il discorso conclusivo della manifestazione di Milano, in piazza Duomo. Migliaia in corteo, con scuole e sindaci. L’esortazione: «Dobbiamo andare alla radice del male, la radice è culturale, sociale, etica»

«Senza verità non può esistere giustizia». Lo ha detto il fondatore di Libera don Luigi Ciotti, concludendo la manifestazione svoltasi oggi, 21 marzo, a Milano, nella Giornata della memoria delle vittime di mafia, promossa con Avviso Pubblico e altre realtà istituzionali ed ecclesiali, con l’Alto patronato del presidente della Repubblica. «E l’omertà, che cammina per le strade delle nostre città, uccide la verità e la giustizia», ha aggiunto.

Diverse migliaia i partecipanti che hanno dato vita al corteo pacifico da Porta Venezia a piazza Duomo: numerosissimi i ragazzi delle scuole, insieme ai sindacati, ad Acli, Azione cattolica, Agesci e diverse altre associazioni e movimenti ecclesiali. Decine di sindaci con i gonfaloni delle città hanno sfilato assieme ai giovani, con don Ciotti e i rappresentanti delle istituzioni. Presenti anche quasi 500 parenti delle vittime della mafia, a cui è andato il grazie di don Ciotti, che ha attaccato con forza la cultura mafiosa, il suo radicamento nella società e nell’economia e in parte della mentalità corrente. «Le mafie sono diventate moderne imprese – ha commentato -. Ricorrono meno alla violenza diretta perché possono contare su quella bianca del capitale economico».

Proprio per questo il fondatore di Libera ha parlato di «connivenza e sottovalutazione», di «letture antiche che si continuano a fare sulle mafie, letture inadeguate dei fenomeni criminali che si sono evoluti assumendo forme e metodi che richiedono nuovi sguardi e nuove strategie. Le mafie – ha aggiunto – sono la cartina di tornasole di una globale diserzione etica». Inevitabile il riferimento alla vicenda di Matteo Messina Denaro. «I latitanti – ha rilevato ancora don Ciotti – sono tali perché ci sono altre forme di latitanza» nella società nella politica e persino tra i cittadini. «C’è un vuoto di conoscenza, di passione, di responsabilità. Finché non ci sarà una vera presa di coscienza collettiva delle ricadute della peste mafiosa sulle vite di tutti, la lotta alle mafie non riuscirà a estirpare il male alla radice. Dobbiamo andare alla radice del male, la radice è culturale, sociale, etica», l’esortazione. Un pensiero, quindi, ai parenti delle vittime. «Impossibile», per il sacerdote, «che l’80% dei famigliari non conosca la verità» di quanto accaduto ai propri cari. E ancora: «La nostra latitanza è causa di persistenza delle mafie. Prendiamocela anche con noi cittadini. Troppi si commuovono quando succedono le tragedie, ma poi non si muovono. Possibile che milioni di italiani non reagiscano? Siamo chiamati sempre più a fare la nostra parte».

Nelle parole di don Luigi Ciotti anche il grazie al presidente della Repubblica Sergio Mattarella per essersi recato a portare la sua testimonianza istituzionale a Casal Di Principe. Quindi il saluto alle numerose scuole presenti in piazza Duomo: «Vedo qui una marea di studenti, insegnanti, dirigenti scolastici. È Un bellissimo segnale. La scuola autentica dev’essere sovversiva – ha aggiunto – perché dev’essere scuola di pensiero critico, avversaria della delega e della rassegnazione». E agli studenti: «Vogliate un sacco di bene ai vostri insegnanti!». La speranza, per il fondatore di Libera, «sta nell’essere nel futuro; uniamo le nostre strade per fare di più e meglio. Questo è un tempo difficile, ma se lo viviamo insieme, tutto questo è possibile. È possibile vincere le mafie. Le mafie ci sono da 150 anni: tocca a tutti noi combatterle. La neutralità e l’indifferenza sono alleate delle mafie. Le mafie uccidono le speranze e la vita».

Un capitolo a parte del suo discorso, quello dedicato alle migrazioni. A cominciare dalla strage di Cutro, il 26 febbraio scorso, «figlia dell’ingiustizia. Ingiustizia che si chiama Mediterraneo in cui nuotano e ingrassano le mafie. Ma lì ci sono anche le ong che salvano i migranti. Perché impedire loro di salvare vite umane?». Le mafie, ha scandito con forza, «vincono dove l’umanità naufraga, dove la coscienza si inabissa, dove il senso di comunità annega». E ancora: «Una persona non può essere condannata a vita dal suo luogo di nascita. Non può essere privata dalla libertà e dalla dignità, in regioni del mondo funestate da povertà e conflitti». Per don Ciotti, i migranti morti «sono la coscienza sporca di un occidente che volge la testa dall’altra parte, che ha tradito la sua tradizione secolare di civiltà e di diritti. È facile prendersela con gli scafisti. Finché sulla terra domineranno individualismo e sete di potere le persone si affideranno a mezzi di trasporto senza fortuna pur di salvarsi. Ma è offensivo e ipocrita chiedere loro se sono coscienti dei rischi cui vanno incontro, perché la loro scelta è tra la vita e la morte».

21 marzo 2023