Segre: «Nella lotta alla mafia il primo nemico è l’indifferenza»

Nella Giornata della memoria delle vittime della mafia, la senatrice a vita scrive a don Ciotti e alle donne e agli uomini di Libera. «Dobbiamo diffondere la cultura della cura»

In occasione del primo giorno di primavera, scelto da Libera per celebrare la Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, la senatrice a vita Liliana Segre invia al fondatore dell’associazione don Luigi Ciotti un messaggio. «Caro don Luigi Ciotti, signore e signori dell’associazione Libera – contro le mafie, benvenute e benvenuti a Milano. L’occasione è particolare e importante: la XXVIII Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti della mafia – scrive -. Libera da tanti anni conduce una battaglia indefessa e coraggiosa contro la mafia, contro l’organizzazione criminale, ma anche contro le connivenze politiche che talvolta si registrano e contro gli interessi economici che si nascondono e proliferano dietro l’attività criminosa. Ma quest’anno – si legge nel messaggio – la situazione è particolare. Intanto perché per il secondo anno continua una sanguinosa guerra di aggressione da parte della Russia ai danni dell’Ucraina, il che significa, morti, distruzione, milioni profughi. Ma poi la recente strage di migranti consumatasi nel mare di Cutro ci ripropone in tutta la sua drammaticità una questione epocale ovvero la mancanza di serie politiche di salvataggio e accoglienza di migliaia di persone che fuggono dalla guerra e dalla fame».

Segre individua nella «memoria» e nell’«impegno» le coordinate comuni delle «nostre traiettorie. Io come una delle ultime testimoni di qualcosa di inaudito come la Shoah, voi con l’impegno da sempre contro la mafia, tutti noi a testimoniare e denunciare lo scandalo di uomini e donne, bambine e bambini costretti alla morte in mare per criminale sordità e insensibilità. Bisogna fare di più, molto di più – l’esortazione -. In Italia, in Europa, nel mondo. Ciò che ci unisce è quindi proprio il culto della memoria. Ricordare le vittime della Shoah e di tutti genocidi, le vittime della mafia e dei poteri criminali, le vittime della tratta di esseri umani e di aberranti politiche verso i migranti». Va in questa direzione anche la scelta di leggere quest’anno, insieme ai nomi delle vittime di mafia, anche quelli delle persone morte nella tragedia del naufragio di Cutro, il 26 febbraio. «Condivido del tutto questa scelta – sono ancora le parole della senatrice a vita -. Perché si tratta di persone. Che hanno un nome ed un cognome. Una storia, una identità, una vita. Donne e uomini. Bambine e bambini. Colpevoli di nulla, se non di esistere e di voler vivere una vita degna. E la vita è indegna se si è sotto il terrore del razzismo, della fame, della criminalità, della guerra».

Il nodo centrale, nell’analisi di Segre, è la «lotta all’indifferenza», che ha caratterizzato, rivendica, la sua «decennale esperienza di diffusione della memoria della Shoah». Vale a dire, la lotta «all’ignoranza, all’irresponsabilità, al voltarsi dall’altra parte. E anche questo è un tratto che ci unisce – riflette, rivolgendosi a quanti sono impegnati con Libera -. Perché tanto nella lotta alla mafia, quanto nell’indignazione per certe politiche contro i migranti, il primo nemico è proprio l’indifferenza, l’assuefazione, la cultura deteriore del “farsi i fatti propri”». Al contrario, «è la cultura della cura che dobbiamo diffondere. “I care”, come diceva don Milani. Me ne curo. Mi interessa. Il contrario del motto fascista “me ne frego!”». E il presupposto è già inscritto nella Costituzione «nata dalla lotta al fascismo e al disastro che il regime lasciò dietro di sé», che «ci invita a concepire sempre la nostra identità a partire dall’altro».

La senatrice fa riferimento anzitutto all’«articolo 2, che tanto tutela i diritti del singolo e delle “formazioni sociali”, quanto vincola ognuno e tutti ai “doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”. Si capisce l’importanza del collegamento – osserva -. Come singoli e “comunità” possiamo vantare diritti solo in quanto li riconosciamo agli altri e attivamente ci impegniamo nel rispetto, nel confronto, nella solidarietà». Il secondo riferimento è all’«articolo 3, che al primo comma stabilisce la parità formale delle cittadine e dei cittadini, ma nel secondo comma stabilisce che la Repubblica nel suo insieme, lo Stato, le istituzioni, hanno il “compito”, quindi il dovere deontologico, di intervenire per “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza di cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana”». A 75 anni dall’entrata in vigore della Cart costituzionale, «il modo migliore per conservare la fedeltà ai suoi valori è restare ciascuno al proprio posto e nella propria responsabilità nell’opera di difesa e di promozione della pace, della giustizia, dell’uguaglianza, della solidarietà», è la conclusione di Segre.