La povertà e la sollecitudine di Dio, «che diventa amore»

Il vescovo Spreafico e il rav Carucci Viterbi a confronto, per il ciclo di incontri ebraico-cristiani. La solidarietà alle vittime del terremoto in Siria e Turchia

«I poveri li avrete sempre con voi». Ma la condizione di povertà non è ineluttabile e, anzi, è un dovere di giustizia e di amore dimostrare con i fatti la vicinanza e la solidarietà agli indigenti. È stato il fil rouge del quarto appuntamento degli incontri ebraico-cristiani che si è tenuto ieri, 13 febbraio, nella sala Baldini di Santa Maria in Campitelli. Il tema della serata, introdotto da monsignor Marco Gnavi, responsabile dell’Ufficio diocesano per l’ecumenismo, il dialogo interreligioso e i nuovi culti, era “I poveri amati da Dio”. A parlarne, il vescovo di Frosinone-Veroli Ferentino e di Anagni-Alatri Ambrogio Spreafico, membro del dicastero pontificio per il Dialogo interreligioso, e il rav Benedetto Carucci Viterbi, direttore della Scuola ebraica di Roma, alla presenza, tra gli altri, dei vescovi ausiliari di Roma Lamba e Libanori e del vescovo di Aretusa dei Siri Rami al Kabalan. Anche per questo, parlando di povertà, Gnavi ha espresso solidarietà alle vittime del terribile terremoto in Siria e Turchia.

incontro ebraico cristiano, ambrogio spreafico, sala baldini, 13 febbraio 2023
Mons. Ambrogio Spreafico

«La Bibbia – ha spiegato Spreafico – parla spesso dei poveri, delle loro difficoltà e di come Dio guarda con amore chi vive in tali difficoltà. Non parla spesso, invece, della povertà, che non è una categoria sociologica o teologica ma riguarda uomini e donne concreti. La loro esistenza è spesso ignorata perché se li vedi diventano un interrogativo, puoi fare finta di non vederli ma diventano una domanda». Al contrario, «la Bibbia aiuta a vederli, a interrogarsi e a capire come Dio li vede». Il testo sacro non idealizza i poveri: la povertà «è considerata un male ma sa anche che i poveri saranno sempre con noi, a causa dell’ingiustizia degli uomini». Il vescovo si è soffermato quindi sui nomi che la Bibbia dà ai poveri, in particolare «lo straniero, che traduciamo in forestiero e io direi immigrato, l’orfano e la vedova, le tre categorie più citate insieme come esempio di povertà». Senza dimenticare i miseri, gli indigenti, gli anziani, i malati.

Che fare davanti a queste persone? Il primo atteggiamento nella Bibbia è che «esiste un diritto dei poveri. Dio non tollera la disuguaglianza, è un problema di giustizia. I testi sono molto eloquenti: il grido dei poveri arriva a Dio». Dunque, vedere e ascoltare. Atteggiamento che poi diventa «solidarietà e amore. Dio ama il povero. È sollecitudine che diventa amore, concetto paradossale anche per chi leggeva la Bibbia a quei tempi». Un amore concreto perché «Dio dà pane e vestiti». Soccorre i poveri, come il popolo ebraico in Egitto.

incontro ebraico cristiano, benedetto carucci viterbi, sala baldini, 13 febbraio 2023
Rav Benedetto Carucci Viterbi

Anche Carucci Viterbi ha sviluppato la sua riflessione partendo dalle otto definizioni di povero della Bibbia ebraica, per indicare i diversi tipi di povertà e di bisogni, non solo materiali. Termini, ha sottolineato, che «compaiono prevalentemente nei libri sapienziali, in particolare Salmi e Proverbi. Ci sono anche nella Torah ma in quantità inferiore». E soprattutto, hanno due tematiche diverse: nei primi la povertà è affrontata come «vicinanza di Dio» mentre nella Torah la povertà «è legata ad aspetti normativi, cioè i comportamenti che l’uomo deve avere». In pratica, «l’area dell’amore divino e l’area responsabilità umana, codificata in comportamenti concreti».

Nelle parole del rabbino, «Dio è difensore di queste categorie così svantaggiate ma l’uomo cosa deve fare? È sufficiente fare appello alla generosità, ai buoni sentimenti? Evidentemente no. Il necessario riequilibrio è responsabilità di ciascuno, con compiti e obblighi specifici». E la Torah riporta numerosi esempi arrivando a un apparente paradosso: l’atto è «caritatevole ma obbligatorio perché è un fatto di giustizia». E, dopo aver ricordato che anche la Pasqua, momento centrale dell’anno liturgico ebraico, rimanda alla povertà con alcuni simboli, ha concluso osservando che «la Torah interroga su quanto ognuno sia responsabile di fronte alla povertà e non possa liberarsi da questo obbligo di giustizia».

14 febbraio 2023