Ong e salvataggi in mare: iI Consiglio d’Europa chiede il ritiro del decreto

Il richiamo al governo in una lettera del commissario per i diritti umani Mijatović al ministro dell’Interno Piantedosi. La replica: «Tutela della vita e salvaguardia dei diritti fondamentali dei rifugiati e dei richiedenti protezione internazionale sono per il nostro Paese priorità assoluta»

«Prendere in considerazione il ritiro o la revisione del decreto legge n. 1/2023», relativo al codice di condotta delle ong. È la richiesta che arriva al governo italiano dall’Europa, attraverso una lettera del commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa Dunja Mijatović al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. Le disposizioni del decreto infatti potrebbero, secondo Mijatović, «ostacolare le operazioni di ricerca e soccorso delle ong e, quindi, essere in contrasto con gli obblighi dell’Italia ai sensi dei diritti umani e del diritto internazionale”. Il commissario rileva anche, in una nota scritta, che, «in pratica, alle navi delle ong sono stati assegnati luoghi sicuri lontani per sbarcare le persone soccorse in mare, come i porti del Centro e Nord Italia». Tutto questo – il decreto e la pratica di assegnare porti lontani – rischia di «privare le persone in difficoltà dell’assistenza salvavita delle ong sulla rotta migratoria più mortale del Mediterraneo», scrive Mijatović, ribadendo alle autorità italiane l’invito a sospendere la cooperazione con il governo libico sulle intercettazioni in mare, come indicato nella sua “Raccomandazione sul Mediterraneo centrale”.

Da ultimo, la referente Ue per i diritti umani chiede ulteriori informazioni «sui presunti rimpatri di persone dall’Italia alla Grecia su navi private, dove sarebbero state private della libertà in condizioni preoccupanti». Basandosi sempre sulla sua Raccomandazione per porre fine ai respingimenti in Europa, ricorda che «lo svolgimento di valutazioni individuali delle esigenze di protezione di ogni persona che arriva alla frontiera rimane una salvaguardia fondamentale contro il respingimento».

Al richiamo di Mijatović risponde, per l’Italia, il rappresentante permanente d’Italia presso il Consiglio d’Europa, Michele Giacomelli. «La tutela della vita e della dignità umana e la salvaguardia dei diritti fondamentali dei rifugiati e dei richiedenti la protezione internazionale sono per il nostro Paese una priorità assoluta», ha affermato in una nota datata 1° febbraio e diffusa oggi, giovedì 2, a Strasburgo. «Tuttavia, non può essere elusa la potestà delle autorità governative competenti in materia di ricerca e soccorso in mare, né possono eludersi le norme in tema di controllo delle frontiere e di immigrazione».

Nelle parole di Giacomelli, il decreto in questione, in corso di conversione in questi giorni, «interviene sulle attività svolte da navi private che effettuano attività di recupero di persone in mare, con l’obiettivo di prevenire possibili abusi della normativa di settore, riferita a salvataggi operati occasionalmente e non, invece, ad attività di intercetto e recupero sistematico e non occasionale di migranti in partenza dalle coste africane. In tale prospettiva – prosegue -, le recenti disposizioni declinano le condizioni in presenza delle quali l’attività di recupero operata da navi private può ritenersi conforme alle convenzioni internazionali e alle norme nazionali, escludendo l’adozione di provvedimenti interdettivi o sanzionatori». E ancora: «A differenza di quanto asserito, le nuove disposizioni non impediscono alle ong di effettuare interventi multipli in mare, né, meno che mai, le obbligano a ignorare eventuali ulteriori richieste di soccorso nell’area, qualora già abbiano preso a bordo delle persone». Questi interventi «sono legittimi se effettuati in conformità alle regole di condotta enucleate dal legislatore e alle indicazioni del competente centro di coordinamento del soccorso marittimo».

Il rappresentante del governo italiano precisa invece «ciò che la nuova norma intende evitare», vale a dire «la sistematica attività di recupero dei migranti nelle acque antistanti le coste libiche o tunisine, al fine di condurli esclusivamente in Italia, senza alcuna forma di coordinamento». Un “modus operandi” «diffuso tra le ong», rileva, che «si pone al di fuori delle fattispecie previste dalle Convenzioni internazionali in materia di soccorso in mare; inoltre, ingenerando nei trafficanti di esseri umani l’aspettativa di un sicuro e immediato intervento appena al largo delle aree di partenza, ha finito con il determinare – a prescindere dalle intenzioni delle ong – una modulazione del modello criminale che precede l’impiego di imbarcazioni inadeguate alla navigazione in alto mare che, se per un verso garantiscono maggiori guadagni alle organizzazioni criminali, per altro verso, innalzano sensibilmente l’esposizione a rischio dei migranti». Quindi, «le considerazioni suesposte evidenziano come la scelta operata dal legislatore, lungi dall’ostacolare le operazioni di ricerca e soccorso, si proponga piuttosto di consentirne la più sicura e rapida conclusione, limitando nel contempo lo spazio di manovra dei trafficanti di esseri umani».

Da ultimo, Giacomelli fa riferimento alle «notizie diffuse dai media in merito a una presunta pratica di riammissione verso la Grecia, a bordo di navi private, di persone cui sarebbe stato impedito di presentare domanda di asilo in Italia», assicurando che «appaiono destituite di fondamento. Ne è prova di esiguità del numero dei riammessi in Grecia (76 nel 2020, 160 nel 2021, 91 nel 2022 e 3 alla data del 15 gennaio 2023), a fronte delle migliaia di passeggeri provenienti da quel Paese che sbarcano in Italia». In particolare, puntualizza, «i minori stranieri non accompagnati vengono affidati ad apposite strutture di accoglienza, mentre vengono riammessi in Grecia solo i minori che viaggiano insieme al proprio nucleo familiare».

2 febbraio 2023