Livatino, «martire della giustizia che unisce credenti e non credenti»

Presieduta dal vescovo Libanori la Messa conclusiva della prima Peregrinatio romana della reliquia. Inaugurate le tele di Pizzi Cannella e Ben Jelloun, fino al 20 marzo

Con la Messa solenne nella basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri si è conclusa sabato mattina, 21 gennaio, la prima Peregrinatio a Roma della reliquia del beato Rosario Angelo Livatino, promossa dall’arciconfraternita di Santa Maria Odigitria dei Siciliani in Roma e organizzata dal Comitato Peregrinatio Beati Rosarii Livatino. La teca contenente la camicia che il magistrato indossava il giorno del suo omicidio, il 21 settembre 1990, intrisa del suo sangue, è ripartita alla volta della cattedrale arcivescovile di Agrigento, dove è abitualmente esposta alla venerazione dei fedeli.

La scorsa settimana la reliquia del giudice martire della fede e della giustizia è stata accolta nelle sedi istituzionali, civili e in molte parrocchie della Capitale, «suscitando sincera attenzione in tutti, cittadini e istituzioni», ha detto nell’omelia il vescovo Daniele Libanori, ricordando la figura di un uomo «mite e rispettoso, riservato, dalla vita semplice e sempre uguale, appassionato al suo lavoro, che viveva la sua fede senza ostentazione, ma anche senza timidezza, nutrendola con la preghiera assidua e la pratica dei sacramenti». Rosario Livatino era ben consapevole dei rischi che correva ma aveva sempre rifiutato la scorta per non mettere in pericolo altre persone. «Ha posto la sua fiducia in Dio solo», ha affermato il presule, ricordando che sugli appunti metteva sempre la sigla STD, “Sub tutela Dei”.

Una fede autentica, la sua, che lo ha sempre guidato «nell’esercizio della sua professione – ha detto ancora il presule – e ha fatto di lui un difensore coraggioso della giustizia e del bene comune, soprattutto dei più deboli e dei più umili che avevano e hanno solo nella legge e nelle istituzioni la speranza di una difesa. Oggi la Chiesa riconosce che il giudice Livatino è un martire per la giustizia perché lo spirito con il quale egli ha applicato la legge era quello del servizio da rendere a un tempo ad Abele e anche a Caino: al fratello offeso e a quello che si è fatto oppressore. Con rispetto uguale per le persone, ma nella necessaria distinzione delle responsabilità». Durante la Peregrinatio romana, ha concluso Libanori, la camicia insanguinata del giudice, «reliquia di un martirio, traccia di un assassinio», ha ricevuto gli omaggi di «uomini e donne di buona volontà che si sentono interpellati da questo martire della giustizia che unisce credenti e non credenti, adulti e giovani, istituzioni e semplici cittadini, che in lui riconoscono un uomo che ha servito la sua terra e l’intero Paese con l’onestà e il rigore, alimentati dalla fede unita al rispetto della persona e alla ricerca del bene comune. La Chiesa è fiera di questo martire, così come lo è la società».

Per l’occasione, nella navata centrale della basilica sono state collocate quattro tele di due metri – che resteranno esposte fino al prossimo 20 marzo – degli artisti Piero Pizzi Cannella, che ha realizzato un olio su tela intitolato “Manto della Vergine”, e Tahar Ben Jelloun. Di quest’ultimo spicca il quadro “Quindici vittime della mafia” che, con colori sgargianti, riporta i nomi di 15 magistrati uccisi, tra i quali, oltre a Livatino, Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e Paolo Borsellino.

La Peregrinatio della camicia insanguinata di «un piccolo giudice, venuto da una remota provincia siciliana, vissuto senza clamori», in una settimana «ha commosso Roma», ha detto il procuratore della Repubblica di Avellino Domenico Airoma. Quella del beato Rosario Angelo Livatino è una reliquia che «ti scava dentro –  ha aggiunto -, ti toglie i falsi alibi, ti cambia la vita, ti dimostra che un’alternativa è possibile. È possibile essere giudici veri e autorevoli senza pretendere di sentirsi investiti del compito di scrivere le nuove tavole della Legge; è possibile essere uomini delle istituzioni unanimemente riconosciuti per il disinteressato servizio al bene comune; è possibile essere bravi cristiani, buoni cittadini e apprezzati servitori della cosa pubblica senza nascondere la propria fede».

Attraverso la celebrazione eucaristica, ha spiegato don Pietro Guerini, parroco di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri, i fedeli hanno partecipato «attivamente alla vita del beato Livatino, alle sue virtù, al suo anelito per la pace e la giustizia, alla sua passione per la verità, al suo amore per il Vangelo». Con la Peregrinatio l’arciconfraternita di Santa Maria Odigitria dei Siciliani «ha vissuto la sua vocazione – ha concluso il primicerio don Renzo Giuliano, parroco di San Marco Evangelista al Campidoglio -, ossia la promozione di  un impegno culturale che mantiene viva a Roma la tradizione siciliana».

23 gennaio 2023