La guerra, «sfida» al futuro dell’Europa

Nell’incontro interreligioso promosso dalla Comunità di Sant’Egidio, il panel dedicato al conflitto armato in Ucraina. Caracciolo (Limes): «Molto difficile parlare di pace»

Il 9 maggio 1950 prendeva vita un sogno di unità, civiltà e libertà chiamato Europa, quella stessa Europa che oggi non solo guarda preoccupata al suo futuro a causa della guerra in Ucraina ma che rispetto al conflitto registra al suo interno posizioni diverse. L’Italia, in tutto questo, è «l’unico Paese al mondo che apre un dibattito su armamento e disarmo senza sapere quali e quante armi invia all’aggredito, cioè all’Ucraina». Il tema è stato dibattuto ieri pomeriggio, 24 ottobre, da Lucio Caracciolo, direttore della rivista di geopolitica “Limes”, nel corso del forum “La guerra sfida il futuro dell’Europa”, al Centro congressi La Nuvola, all’Eur, nell’ambito dell’incontro interreligioso “Il grido della pace. Religioni e cultura in dialogo“, promosso dalla Comunità di Sant’Egidio. Giunto alla XXXVI edizione, l’evento si concluderà questo pomeriggio, 25 ottobre, con un momento di preghiera al Colosseo presieduto da Papa Francesco.

Durante il panel, introdotto e moderato da Agostino Giovagnoli, docente di Storia contemporanea all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e membro della Comunità di Trastevere, Caracciolo ha affermato che oggi «è molto difficile parlare di pace. È strano che non ci si renda ancora perfettamente conto che siamo dentro la guerra, che siamo coinvolti in maniera pratica dato che armiamo l’aggredito. Il nostro governo è l’unico che si rifiuta di dire cosa sta facendo», ha proseguito l’espero di geopolitica, per il quale l’Europa è una «costruzione di pace senza un progetto». Al suo interno, inoltre, vi sono ipotesi diverse e contrastanti su come risolvere il conflitto. Tra queste, «c’è la posizione polacca o baltica – ha detto -, dove si discute apertamente della possibilità di liberarsi una volta per tutte della minaccia russa e si preparano pubblicamente dei progetti dettagliati sulla spartizione della Russia». Pensando nel breve e medio periodo, Caracciolo non vede «una possibile pace» e non ritiene che la situazione possa cambiare «a meno che i russi non facciano un’altra follia dopo l’invasione e decidano di usare la bomba atomica». Un’ipotesi, quest’ultima, che ritiene di scartare perché per la Russia significherebbe perdere l’appoggio della Cina e rimanere isolata. «Ci potrebbe essere un allentamento delle operazioni sul terreno e quindi la possibilità di allacciare i negoziati per un cessate il fuoco – ha concluso -. Sarebbe la base per iniziare a raffreddare il conflitto e in futuro produrre la pace».

Per Christian Krieger, presidente della Conferenza delle Chiese europee, l’Unione europea «si è mostrata all’altezza della posta in gioco» fin dal primo momento. «È uno dei principali attori al centro di questo conflitto – ha dichiarato -, con le successive ondate di sanzioni, la concessione di uno status specifico ai rifugiati ucraini, la solidarietà con l’Ucraina. Il cuore della sfida per il futuro dell’Europa è altrove. Si tratta di un kairos che deve essere colto dall’Unione europea e dai suoi Stati membri, ma anche dalle Chiese». Nel dettaglio ha spiegato che il conflitto ha prodotto «un cambiamento di paradigma» e in pochissime ore sono state rivalutate «impostazioni ideologiche, storiche, culturali, così come posizioni politiche inflessibili per decenni», come per esempio «il rapporto della Germania con gli armamenti, l’abbandono della neutralità bancaria in Svizzera per bloccare i beni degli oligarchi russi, l’improvvisa volontà di Svezia e Finlandia di entrare nella Nato». Questi cambiamenti possono quindi rappresentare «un’opportunità, un kairos – ha specificato -, un tempo opportuno per continuare e approfondire il progetto europeo».  Questo è anche il tempo per «avanzare significativamente riguardo alla prospettiva di allargamento dell’Ue. Non ci si può accontentare di avere Paesi che attendono nell’anticamera dell’Unione  per decenni».

Nell’analisi di Jean-Dominique Durand, presidente dell’Amicizia ebraico-cristiana, invece «l’Europa è in cattive acque, sta tornando ai suoi vecchi demoni, al nazionalismo, al ripiegamento, all’odio, all’antisemitismo di nuovo spudoratamente presente nella società». Thomas Schwartz, presidente dell’organizzazione di beneficienza Renovabis, durante l’incontro ha illustrato infine il lavoro che si sta facendo in Ucraina, dove dall’inizio della guerra sono stati finanziati oltre 150 progetti per 10 milioni di euro, «per alleviare le emergenze quotidiane».

25 ottobre 2022