La missione, «prova che il Vangelo è vivo»

Presieduta dal vescovo Ambarus la veglia missionaria diocesana, nella quale hanno ricevuto il mandato 22 religiosi. «Solo l’eco interiore della fede vissuta tocca il cuore dell’altro». Il Festival missionario e il ricordo di suor Maria De Coppi, uccisa in Mozambico

Ventidue religiosi partiranno nei prossimi giorni in missione per portare la Parola di Dio “fino ai confini della terra”. Amazzonia, Perù, Laos, Honduras, Uruguay alcune delle destinazioni che saranno raggiunte da 21 suore e un religioso, padre Fabio Bamminelli della Comunità missionari di Villaregia, che sabato 15 ottobre hanno ricevuto il mandato missionario durante la veglia di preghiera presieduta nella basilica di San Giovanni in Laterano dal vescovo Benoni Ambarus, delegato diocesano per la carità e per i migranti. Ringraziandoli per la disponibilità a partire, il presule ha messo in evidenza che il loro desiderio di missione «è la prova che il Vangelo è vivo, non rimane chiuso nei nostri confini».

Diverse le famiglie ecclesiali alle quali appartengono le religiose che hanno ricevuto il mandato: ci sono le Missionarie dell’Immacolata – Pime, le Francescane Missionarie del Sacro Cuore, le Figlie della Carità Canossiane, le Missionarie Comboniane, le Suore Cappuccine di Madre Rubatto; nove sono dell’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, due Suore Ospedaliere della Misericordia, tre Suore della Carità di Santa Giovanna Antida Thouret, due Suore Missionarie del Sacro Costato. Con il loro “sì” sono tutti di esempio e di stimolo per coloro che non partono ma che «rinnovano il loro essere annunciatori del Vangelo in ogni ambito della propria vita – ha affermato il vescovo -. Tutti abbiamo ricevuto il dono della fede grazie alla testimonianza di qualcuno e quindi tutti siamo chiamati a essere missionari nel quotidiano».

A proposito della testimonianza, monsignor Ambarus ha raccomandato di non essere «semplici raccontatori» bensì persone di fede che «vivono ciò che annunciano». Oggi, infatti, tanto negli angoli remoti del mondo quanto nelle periferie delle nostre città, «c’è bisogno impellente di testimoni autentici. Non ci si può illudere di testimoniare in modo efficace senza una costante e profonda esperienza spirituale personale con il Signore. Solo l’eco interiore della fede vissuta tocca il cuore dell’altro». L’invito è dunque quello di «fare tutto il possibile per non “silenziare” Dio e la sua opera».

La veglia di preghiera è stata preceduta dal Festival missionario che dal primo pomeriggio ha animato il cortile del Palazzo Lateranense. Promosso dal Centro missionario diocesano in collaborazione con la Consulta diocesana degli istituti religiosi missionari e l’equipe Efim, si è aperto con il ricordo di suor Maria De Coppi, la religiosa comboniana di 83 anni uccisa in Mozambico il 6 settembre scorso. Spazio quindi alle testimonianze, alla festa, alla musica del gruppo 70volte7, mentre sotto i portici del cortile, negli stand allestiti per l’occasione, varie realtà missionarie illustravano la loro attività nel mondo.

Suor Rosanna Marchetti del Pime, in partenza per l’Amazzonia, ha spiegato che per lei essere testimone di Cristo significa «vivere ed essere aperta all’incontro e al dialogo, vuole dire saper ascoltare e accogliere esattamente come ha fatto Gesù. Solo costruendo relazioni profonde si evangelizza e si è evangelizzati». Tra le testimonianze anche quella di Emilio e Mariagrazia, due giovani della parrocchia di San Mattia che si sposeranno il 17 giugno prossimo. Hanno deciso di non organizzare «il classico» viaggio di nozze ma di fare l’esperienza di «un viaggio solidale. L’idea è quella di andare in Mozambico dove la parrocchia San Frumenzio guida una missione da oltre 30 anni». Filippo e Irene, entrambi di 23 anni, hanno raccontato la loro esperienza missionaria. Lui è tornato da poco dall’Egitto, dove era arrivato con qualche «dubbio spirituale» ma Cristo gli ha dimostrato «tutto il suo amore». Irene, invece, ha trascorso due settimane tra la Polonia e l’Ucraina. Prima di partire la sua «preoccupazione più grande era di non essere concretamente di aiuto». Lì ha imparato che «l’unica cosa da mettere a disposizione erano le mani e la forza lavoro».

17 ottobre 2022