Zuppi: «Di Liegro, un uomo che preparava quello che ancora non c’era»

La Messa nel 25° anniversario della morte, alla presenza, tra gli altri, del presidente della Repubblica Mattarella. «In lui ortodossia e ortoprassi erano complementari»

Una presenza inattesa, e per questo ancora più gradita, quella del presidente della Repubblica Sergio Mattarella alla Messa nella basilica dei Santi Apostoli che ha concluso la giornata in memoria di don Luigi Di Liegro, nel 25° anniversario della morte. La liturgia è stata celebrata dal presidente della Conferenza episcopale italiana, il cardinale arcivescovo di Bologna Matteo Zuppi, insieme agli ausiliari di Roma Lamba e Salera e all’ausiliare emerito Di Tora, che fu il successore di don Luigi alla guida della Caritas diocesana dopo la sua scomparsa nel 1997. «È soprattutto un momento di ringraziamento» ha detto Di Tora nel breve saluto che ha introdotto la celebrazione. Accanto a Mattarella, con cui alla fine della celebrazione Zuppi ha scambiato un saluto affettuoso, c’era il vicesindaco di Gaeta, città natale di don Di Liegro.

Nella sua omelia, il cardinale Zuppi ha sottolineato da una parte la grande eredità di don Luigi e la sua capacità di vedere oltre il contingente, sapendo individuare soluzioni anche pionieristiche, dall’altra come il suo esempio purtroppo non sempre abbia avuto il seguito che avrebbe meritato. «Don Luigi continua a indicare una vita di speranza anche quando tanti sogni, progetti, sembrano appassiti, segnati dalla delusione e anche dalla autoreferenzialità – ha detto il porporato -. Era un uomo che preparava quello che ancora non c’era, intercettando i problemi». Ad esempio, la presenza degli stranieri: Zuppi ha citato la vicenda Pantanella. «Problemi che ancora oggi affrontiamo dimentichi di tanta storia, non rendendoci conto di quello che è successo nel mondo. Per certi versi siamo ancora alla Pantanella».

Parlando dei diritti, Zuppi ha messo in guardia «dall’accontentarsi di dare le risposte che si riesce e non quelle che servono». Così «i diritti diventano favori, concessioni casuali». Don Luigi «non accettava un cristianesimo lontano dalla vita. La giustizia e l’amore di Dio lo rendevano capace di riconoscere le tante sofferenze, cercando soluzioni e chiedendo alle istituzioni di farsene carico». Uno stile che è stato di esempio per tante Caritas, che ha permesso «di accorgersi dei problemi e che i problemi si possono risolvere, non solo analizzarli». Don Luigi «guardava la realtà senza sconti e senza pregiudizi» liberandola «da una logica meramente assistenziale che allora, come oggi, può condizionare il nostro rapporto con il povero. Questo feriva l’osservanza esteriore, l’etichetta cristiana, anche un’idea stessa di Roma che doveva mantenere un’apparenza cristiana che si pensava di poter difendere senza rispondere alla sete di carità e giustizia». Don Luigi ha aiutato a far capire che «queste devono toccare il cuore, suscitare le risposte, far scegliere la via del cambiamento».

Il presidente dei vescovi ha sottolineato l’impegno sociale di don Di Liegro, «evidente, radicale, politico nel senso più alto, senza paura di sporcarsi, quando qualcuno pensava che non solo si sporcava lui ma sporcava anche la Chiesa, mentre in realtà la rendeva bella, madre, vicina. In lui ortodossia e “ortoprassi” non erano avverse ma complementari, come deve essere. Univa la pastorale alla carità. Purtroppo, questa visione non è stata così seguita». Don Luigi poi «non rinunciava mai alla preghiera» e Zuppi ha ricordato il suo impegno nella piccola parrocchia di Centro Giano, ad Acilia, che «colpisce perché piena di tanti ricordi suoi, è fatta a sua misura, in cui predicava il Vangelo e insieme alle famiglie cercava di convincere che forse serviva l’allaccio alle fogne. Diceva: “Che grazia essere sacerdote. Se il Signore avesse dovuto guardare i miei meriti avrebbe dovuto mettersi le mani nei capelli”. Voleva che la Chiesa fosse una cellula umanizzante della società, luogo in cui tutti i problemi dell’uomo possono essere dibattuti». Don Luigi, ha concluso Zupppi, continua a essere «come quell’albero le cui foglie non ingialliscono e continua a confortarci, a insegnarci a guardare e capire la povertà di oggi».

13 ottobre 2022