Zuppi: «Dimenticando di lavorare per la pace attorno a sé, l’Europa scopre di averla sprecata»

Il cardinale presidente della Cei alla Sapienza per il conferimento del dottorato honoris causa in Studi politici. «Esiste un diritto umano alla pace che Africa ed Europa possono costruire assieme. Dobbiamo riaffermare quel sogno»

L’Europa, attraversata da «varie forme di odio e razzismo, manipolate da imprenditori dell’allarme sociale e del rancore, a puri fini politici». I temi della guerra e della pace, «rilanciati dal dramma del grande conflitto tra Russia e Ucraina che ci coinvolge tutti». Il «rischio nucleare». Il rapporto con l’Africa. È una riflessione ad ampio spettro quella proposta ieri, 12 ottobre, dal cardinale presidente della Cei Matteo Zuppi, nella Lectio magistralis in occasione del dottorato honoris causa in Studi politici conferitogli dalla Sapienza. Nell’Aula magna del Rettorato, il presidente dei vescovi italiani ha ricordato il suo intervento prima delle recenti elezioni in cui parlava del «”piccolo interesse” che talvolta anima i responsabili politici », mettendo l’accento sull’urgenza di «una riflessione sul valore della pace che unisca Africa ed Europa». Ed esortando a «dare il giusto valore alla ricerca permanente della pace sia come soluzione di un conflitto che come riconciliazione e convivenza».

Nelle parole di Zuppi, «esiste un diritto umano alla pace che Africa ed Europa possono costruire assieme. La guerra è stata troppo banalizzata come fatto naturale – ha continuato -. È ridiventata popolare mentre si spegneva l’eco del grande sogno di pace nato nei lager e nei gulag, cresciuto nel calderone della grande guerra mondiale e sopravvissuto anche alla guerra fredda e al muro». Quindi l’esortazione: «Dobbiamo riaffermare quel sogno che non può essere solo autoreferenziale, ve lo posso testimoniare come mediatore per la pace in Mozambico e altrove: dimenticando di lavorare per la pace attorno a sé, l’Europa scopre con orrore di averla sprecata. Cosa c’è di più significativo di lavorare assieme, africani e europei, per riaffermare e ricostruire le basi umanistiche di quel sogno affinché divenga realtà? È quasi inutile parlare di democrazia e di sviluppo se prima non c’è la pace, sia come cessazione del conflitto che come riconciliazione e apprendimento del vivere assieme», la riflessione.

L’Europa dunque – è la tesi del porporato – «non può abbandonare l’Africa ma deve appoggiarla in uno spirito di partnership che, pur facendo tesoro delle esperienze del passato, trovi un nuovo slancio e nuove motivazioni di collaborazione, oltre il mero interesse economico». I due continenti infatti «sono legati da un principio di interdipendenza, che deve essere considerato come un’opportunità nel complesso mondo contemporaneo». E alcuni obiettivi concreti «sono alla nostra portata». Il presidente dei vescovi ne elenca qualcuno: la necessità di «inventare assieme un modello di welfare adattato al XXI secolo (in particolare penso all’educazione e alla sanità gratuita per tutti come forma di giustizia); la preservazione dell’ambiente, come la protezione delle foreste e la lotta alla desertificazione che è davvero interesse globale». Ancora: «Il sostegno alla democratizzazione e infine la cosa più importante: la difesa della pace. Su tali sfide – ha aggiunto – è necessario un impegno ingente e durevole dell’Europa in Africa. Ne va del nostro futuro comune».

Nella Lectio magistralis di Zuppi, il sogno di «un’Europa universitaria e madre, che infonda umanità e pace ai popoli suoi fratelli». Ma «per rinascere dal suo egoismo», l’Europa «ha bisogno dell’Africa e, reciprocamente, l’Africa ha bisogno dell’Europa per curare le sue ferite». È il grande spazio in cui «mettere alla prova l’utilità dell’esistenza» dell’Europa. Per il cardinale, la domanda da farsi «senza guardarsi addosso ma alzando lo sguardo» è: «A che serve l’Europa?». La risposta è che «può essere utile per la creazione di un vasto campo della democrazia e dei diritti che vada da Capo Nord al capo di Buona Speranza». Malgrado tutto e «nonostante le forze che vi si oppongono – è ancora la riflessione del presidente Cei -, la democrazia è una profonda aspirazione degli africani, una loro attesa. In questo ci può essere un’avventura comune». Si tratta, ha avvertito, di «una lunga strada». La democrazia infatti «non è fatta solo di elezioni ma anche di separazione dei poteri, indipendenza della magistratura, libertà civili garantite, stato di diritto, libertà di stampa e di associazione. C’è spazio per un intervento europeo» che sia «di partenariato politico e giuridico. Il funzionamento della democrazia necessita di un lungo apprendistato, a cui l’Europa può contribuire con esperienza ed immaginazione».

Ad accogliere il cardinale, la rettrice della Sapienza Antonella Polimeni. «Giustizia, equità e solidarietà toccano il cuore di tutti e ci caricano di responsabilità – ha affermato -. I meriti del cardinale Zuppi sono fonte di ispirazione per rendere anche gli studi universitari più inclusivi e sostenibili». La stessa rettrice ha ricordato il passato di Zuppi come studente della Sapienza, dove si è laureato cum laude in Lettere e Filosofia nel 1978 con una tesi su “Cultura monastica e civiltà cristiana nella formazione di Idelfonso Schuster”. A sottolineare l’esempio di Zuppi anche Giovanni Di Lorenzo, vicepreside della facoltà di Scienze politiche, sociologia e comunicazione. «Come il “Bonum est diffusivum sui” di san Tommaso, più volte Zuppi ci ha spiegato come il bene diffonde altro bene ed egli lo ha messo in pratica fin da studente, passando poi per quanto fatto con la Comunità di Sant’Egidio, da parroco e ora da cardinale». In una società attuale dove sono sempre più accentuati gli individualismi, la cooperazione internazionale «è espressione del bene comune messo a disposizione della società».

L’elogio del porporato, invece, è stato curato da Luca Micheletta, coordinatore del dottorato di ricerca in Studi politici. «Credenti e non credenti dovrebbero essere sempre uniti nella ricerca del bene, dell’uguaglianza e della libertà». Il conferimento del dottorato, «per i suoi meriti umanitari e sociali nella cooperazione internazionale e nello sviluppo», si colloca proprio «nella prospettiva di voler proseguire un dialogo proficuo, frutto dell’onestà intellettuale di professori, scienziati, sacerdoti, laici e cittadini tutti, indipendentemente dalla fede o dalle convinzioni di appartenenza». (ha collaborato Salvatore Tropea)

13 ottobre 2022