In Georgia code al confine: circa 80mila i russi in fuga dalla mobilitazione parziale

L’amministratore apostolico Pasotto raggiunto dal Sir a Tbilisi: «Ieri alla frontiera una coda di 16 chilometri». Strapieni anche i voli in entrata e uscita dal Paese

Le notizie si rincorrono sulle agenzie di stampa: dopo la mobilitazione parziale per la guerra in Ucraina annunciata dal Cremlino, i russi sono in fuga. Raggiunto dall’Agenzia Sir a Tbilisi, in Georgia, l’amministratore apostolico del Caucaso dei Latini Giuseppe Pasotto conferma che «ieri al confine c’era una coda lunga oltre 16 chilometri». 78.800 i cittadini russi entrati nel Paese negli ultimi giorni, con un ritmo stimato di circa 10mila arrivi al giorno.

Nelle parole del presule, «quello che si vede in questi giorni in città è un aumento di cittadini russi che si sono stabiliti qui – dichiara al Sir -. Per strada è sempre più frequente sentir parlare in lingua russa. Era da anni che non si sentiva parlare così tanto russo in Georgia. Ora, non è facile capire se sono tutte persone in fuga dalla Russia. Sappiamo per esempio di alcuni che hanno deciso di spostare dalla Russia le proprie aziende o attività commerciali in Georgia, dove trovano in questo momento condizioni di lavoro sicuramente migliori e lo spostamento è facilitato dal fatto che non ci sono, almeno per il momento, restrizioni di visti». Strapieni, comunque, anche i pochi voli in entrata e in uscita dal Paese. «Molti erano stati cancellati durante il lockdown e non sono stati più reintegrati. I prezzi comunque sono altissimi».

Nel frattempo crescono nel Paese perplessità e proteste su questo grande movimento di persone, con l’opposizione che chiede di chiudere le frontiere – o comunque regolamentare meglio i flussi – e altri che invece vedono in questi arrivi nuove possibilità di guadagno. Il risultato di tutti questi arrivi infatti è che «gli alberghi sono pieni – riferisce Pasotto al Sir – ma in città i prezzi si sono alzati. Gli affitti delle case sono aumentati. E si dice che la causa dell’aumento dei prezzi dipenda dalla presenza di russi,  che hanno più possibilità finanziarie rispetto ai georgiani». E ancora, «le persone cominciano a temere che questo aumento della popolazione russa nel Paese potrebbe indurre Putin a considerare anche questa regione come ormai parte integrante del territorio russo», riferisce ancora il presule.

In questa situazione, «noi come Chiesa locale – assicura il vescovo – siamo ancora impegnati a ospitare nei nostri centri gli ucraini che avevano lasciato il Paese a seguito della guerra. Molti sono tornati indietro. Altri di nuovi sono arrivati. C’è anche chi ha deciso di rimanere in maniera stabile». A indicare la rotta è la parola chiave “Pace”, che la piccola comunità cattolica in Georgia si è data come priorità. «Siamo una terra dove è estremamente facile schiararsi da una parte e dall’altra – ancora le parole di Pasotto raccolte dal Sir -. Ma è proprio quello che dobbiamo evitare di fare, per avere un cuore che soprattutto in questo momento deve essere aperto a tutti. Essere costruttori di pace è un processo che ci impegna ma viene prima di ogni considerazione personale e interesse», conclude.

28 settembre 2022