Riparte la scuola: il ritorno dei volti

Nuovo anno al via, di fronte alle ombre che sempre più pesanti si addensano sull’oggi. L’abbandono delle mascherine e la possibilità di ritessere nuove relazioni

Ieri pomeriggio, in centro, ho incontrato una rappresentante dei genitori di una prima classe, ora seconda, nella quale insegno dall’anno scorso. Ci salutavamo per la prima volta di persona, ché per un anno ci siamo sempre visti a distanza, durante i consigli di classe online. Con lei c’erano il marito e la figlia, ho salutato il marito, infine la figlia, alla quale ho domandato: «Tu sei la sorella?». Lei mi ha guardato un po’ perplessa, ha annuito senza rispondere, ma già io ero tornato a scambiare qualche parola con i suoi genitori. Perché le avevo fatto quella domanda? L’avevo fatta perché lì per lì non avevo riconosciuto i suoi lineamenti: quella ragazza che mi ero ritrovato davanti non mi era sembrata la studentessa con la quale avevo condiviso un primo ma intero anno di scuola. Per questo motivo, ché comunque ed evidentemente le “somigliava”, devo avere pensato che fosse una sorella della mia studentessa, la quale però, e di questo me ne sono ricordato qualche istante dopo, sapevo per certo essere figlia unica. Congedatomi da tutti e tre, madre, padre e figlia, mi sono sentito in colpa -«ma come, nemmeno una tua studentessa riconosci più?» – ma dopo qualche istante ho realizzato che era in assoluto la prima volta, nonostante un anno di scuola insieme, che io vedevo il volto intero di quella ragazza, poiché nell’anno passato ci eravamo sempre incontrati con la mascherina.

Perché racconto questo aneddoto? Lo racconto, perché in questi giorni nei quali sta iniziando la scuola, al netto dell’imbarazzo personale provato, m’è sembrato a suo modo suscitare il migliore degli auspici per questo nuovo anno scolastico, di certo preferibile a tutte le considerazioni del caso che avrei potuto improvvisare retoricamente. Eh sì, perché dopo due anni nei quali a settembre eravamo qui a domandarci cosa sarebbe successo, a scrutarci gli uni gli altri da sotto le mascherine, mi pare sentire comune come questo inizio d’anno scolastico paia essere veramente tale. E in fondo, ritengo giusto provare a conservare la fresca bellezza di questo momento, a fronte di un periodo storico che in realtà addensa ombre sempre più pesanti, drammatiche incertezze mondiali, sulle quali la scuola non può chiudere gli occhi.

Ma quel volto che non ho saputo riconoscere immediatamente mi pare comunque una metafora convincente di quanto la perdita di vista dell’altro, del suo viso, della relazione che ci tiene uniti, sia davvero la tentazione alla quale per inerzia tutti siamo stati e siamo sottoposti in questo tempo, il fronte dove si gioca una partita seminale per il nostro futuro prossimo, il terreno sul quale non possiamo indietreggiare ma piuttosto dove siamo chiamati a recuperare campo. Che il luogo nel quale questa domanda di riconoscimento collettivo, capace di disinnescare gli individualismi, i narcisismi, il senso di autosufficienza che ci atterra, si rimetta in gioco anche quest’anno a scuola, nel posto per definizione deputato a custodirla, mi pare un pensiero che non possa che fare bene a tutti.

14 settembre 2022