81 anni fa l’eccidio delle Fosse Ardeatine
La commemorazione dei 335 uomini uccisi dai nazisti in rappresaglia per l’attentato di via Rasella, in cui morirono 33 soldati tedeschi. L’omaggio silenzioso del presidente Mattarella. Il sindaco Gualtieri: «Ferita che rimarrà per sempre nella nostra città»
Si è aperta con la deposizione di una corona d’alloro da parte del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, sulle note de “Il silenzio”, la cerimonia per ricordare i 335 uomini uccisi nelle Fosse Ardeatine 81 anni fa. Nell’anniversario dell’eccidio, questa mattina, 24 marzo, il capo dello Stato ha reso un omaggio silenzioso alle vittime sostando prima davanti alla lapide e poi visitando il sacrario.
«Abbiamo il dovere di ricordare e di guardare uno ad uno gli occhi e i volti di innocenti selvaggiamente trucidati dalla furia omicida dei nazisti con la collaborazione dei fascisti – ha detto il sindaco di Roma Roberto Gualtieri, a margine della cerimonia -. Quello delle Fosse Ardeatine è stato uno dei crimini più efferati e feroci della guerra, una ferita che rimarrà per sempre nella nostra città. Solo con la memoria possiamo rimanere uniti come comunità e andare avanti sulla base dei valori della democrazia». Nel suo saluto iniziale, anche il presidente dell’associazione nazionale famiglie italiane martiri (Anfim) Francesco Albertelli si è soffermato sulla memoria, che oggi «perde sempre più di importanza». Viviamo in un momento storico «particolarmente difficile – ha proseguito -. Il mondo è in tensione, le guerre continuano, gli orrori non si sono placati, il numero dei diseredati, degli sfollati e degli affamati è aumentato in modo vertiginoso. I valori sui quali si fonda la nostra convivenza civile sono continuamente messi in discussione. Le alleanze e le convergenze sono poste in dubbio se non rinnegate, tradite o dimenticate per convenienza».
Ancora, nelle parole di Albertelli, «l’Europa del manifesto di Ventotene pare un’utopia, come pure la federazione europea propugnata dagli intellettuali azionisti che in tanti qui riposano». Di qui l’appello «all’assunzione di responsabilità da parte di tutti, che non ha nulla a che vedere con il merito o la punizione, con la giustizia o l’ingiustizia e neppure con la colpa, riguarda solo il concatenarsi degli eventi, le cui cause e i cui effetti sono frutto delle nostre decisioni e delle nostre scelte». Il segretario generale Anfim Marco Trasciani ha quindi scandito i nomi delle 335 vittime mentre su un maxi schermo scorrevano le loro fotografie.
La cerimonia è proseguita con la recita della preghiera cattolica da parte di monsignor Sergio Siddi, vicario generale dell’Ordinariato militare, mentre la preghiera ebraica è stata presieduta dal rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni.
L’eccidio delle Fosse Ardeatine del 24 marzo 1943 fu una rappresaglia per l’attentato dei Gruppi di azione patriottica del giorno precedente in via Rasella, nel quale furono uccisi 33 soldati tedeschi. In meno di 24 ore 335 uomini, di età compresa tra i 15 e i 74 anni, furono assassinati con un colpo di pistola alla testa nelle cave di pozzolana sulla via Ardeatina, a pochi passi dalle catacombe di San Callisto. Tutti italiani (solo 9 gli stranieri), tra loro anche un sacerdote della diocesi di Roma, don Pietro Pappagallo, insieme a prigionieri politici, militari, ebrei, detenuti e civili di ogni estrazione sociale e culturale, in una proporzione di 10 a 1 rispetto ai 33 soldati tedeschi morti in via Rasella. Sette le vittime a oggi non identificate.
Sul palco riservato alle autorità anche il presidente della Camera Lorenzo Fontana, il governatore del Lazio Francesco Rocca, il vicegerente della diocesi di Roma Renato Tarantelli Baccari e il prefetto di Roma Lamberto Giannini. Anche quest’anno hanno partecipato alla commemorazione scolaresche e parenti delle vittime. Come Isabella Ayroldi, nipote di Antonio, le cui spoglie riposano nel sacello 65. Maggiore dell’esercito, era comandante del raggruppamento patrioti Lazio sud e zona Castelli. «La memoria di questi tragici eventi è fondamentale – afferma Isabella, presidente della sezione Anpi di Ostuni -. Lavoriamo molto con i giovani augurandoci che ricordare gli eventi che hanno preceduto l’eccidio possa aiutarli a leggere il presente con maggiore consapevolezza».
Nel sacello 63 riposa invece Gavino Luna. Originario di Sassari, era impiegato delle poste e apparteneva al Comitato di liberazione nazionale. Per onorare la sua memoria c’è il pronipote Giovanni che stringe tra le mani due rose rosse. «In famiglia si è sempre parlato di lui – afferma -. Era un cantante e prima di trasferirsi a Roma si esibiva in Sardegna. Per noi familiari è importante essere qui ogni anno affinché l’eccidio non cada nell’oblio».
24 marzo 2025