60° dei Trattati di Roma, opportunità per una nuova Unione europea

Maria Chiara Malaguti ed Enzo Moavero Milanesi: l’anniversario, occasione per «scoprirci comunità». Il 23 marzo la veglia con il cardinale Bagnasco

Maria Chiara Malaguti ed  Enzo Moavero Milanesi: l’anniversario, occasione per «scoprirci comunità». Il 23 marzo la veglia con il cardinale Bagnasco

Un anniversario che «cade in un momento speciale, in cui ridiscutere tutto», secondo Maria Chiara Malaguti, giurista e docente alla Cattolica, ma anche «un’occasione per scoprirci ben più che una semplice unione ma come comunità in senso ideale e filosofico, recuperando l’afflato spontaneistico delle origini», aggiunge Enzo Moavero Milanesi, docente alla Luiss, già ministro per gli Affari Europei e giudice presso la Corte di giustizia dell’Unione europea in Lussemburgo. Sono trascorsi 60 anni da quel 25 marzo del ’57 che ha visto la firma dei Trattati di Roma, “atto di nascita” dell’Europa, con la creazione di un mercato comune per favorire scambi e produzione, ma anche delle basi per la costruzione funzionale dell’Europa politica. Tra i firmatari del Trattato era chiaro l’intento di porre le fondamenta per «un’unione sempre più stretta fra i popoli europei» e, ancora oggi, è forte il desiderio di Europa anche in un frangente difficile, inquinato da frontiere, muri e fili spinati.

La basilica di Santa Maria sopra Minerva ospiterà giovedì 23 marzo alle 19 una veglia di preghiera promossa dalla rettoria di San Gregorio Nazianzeno (Camera) e presieduta dal cardinale Angelo Bagnasco, presidente Cei e Ccee, con l’obiettivo di invocare un’Europa solidale e accogliente, assai più simile a com’era in origine rispetto a quella che Malaguti definisce «versione sclerotizzata». L’Unione europea, prosegue la giurista, «ha dato per scontato che andasse bene com’era, mentre da sotto la superficie cominciavano a emergere rilevanti problematiche. Come dice il Papa, non siamo in un cambiamento d’epoca ma in un’epoca di cambiamento, con il ribaltamento completo delle premesse che ci porta a mutare i nostri parametri. Ripenso al Manifesto di Ventotene, redatto da uomini di idee diverse e reduci dalla guerra ma convinti che per ricostruire l’Europa “libera e unita” servisse qualcosa di forte: da lì dobbiamo ripartire per capire dove andare».

Per riprendere il filo del discorso europeo anche Moavero Milanesi ritorna all’alba dell’Unione, richiamando la dichiarazione Schuman: «Volta a costruire insieme pace e benessere per gli europei che ha germogliato nella provvidenziale consonanza fra politici lungimiranti come Adenauer e De Gasperi, accomunati da cultura mitteleuropea, terra d’origine transfrontaliera, medesima esperienza politica e solida fede. Alla lungimirante intuizione di questi – aggiunge – non mancava certo la visione della meta finale, la creazione della comunità, anzi, era così presente che la creazione di un mercato comune europeo, all’inizio, necessaria per eliminare le cause dei conflitti economici per il controllo delle produzioni carbo–siderurgiche, era vista come strumentale alla progressiva integrazione dei popoli e dei loro paesi in un percorso politico che mirava alla nascita di una vera federazione». Ma non è andato tutto secondo i piani: «Dalla fine delle guerre e delle rivalità si è consolidata la pace, la collaborazione economica ha diffuso il benessere. Dopo la caduta del muro di Berlino, la Comunità europea si è allargata, divenendo Unione europea. I nuovi Stati membri volevano affrancarsi dal passato dominio sovietico e affermare la propria sovranità, piuttosto che condividerla in seno all’Unione: una dicotomia d’intenti, rispetto ai Paesi già parte dell’Unione, che non agevola la convergenza verso il salto di qualità della federazione».

Dal Duemila la situazione si è aggravata, con la crisi finanziaria che è divenuta crisi sovrana: i mercati, sui quali si finanziano gli Stati, hanno bisogno di rassicurazioni, di regole e tasse, per evitare restrizioni del credito. «Di fronte a tutto ciò – prosegue Moavero Milanesi – il cittadino non ritrova quell’Europa in cui aveva creduto: deluso nelle sue aspettative non la vede in grado di fornire soluzioni. Allora l’idea di Schuman, da prospettiva positiva, diventa una componente (per alcuni, una delle cause) dei problemi e ci si scopre antieuropei». Il problema, secondo Malaguti, «è che chi è contro l’Europa ha, generalmente, un approccio oppositivo: contro gli immigrati, contro chi professa una religione diversa. Questo atteggiamento andrebbe sconfitto sanando le disuguaglianze, che sono drammatiche, e risolvendo l’incapacità della politica di reagire. Il cristianesimo in questo senso risponderebbe a molteplici domande, e l’Europa è l’unico posto al mondo dove eguaglianza, non discriminazione e sviluppo sostenibile sono già inclusi come valori fondanti». Gli eventi di oggi, crisi economica, grandi migrazioni e tempestoso sviluppo tecnologico, hanno un forte impatto e, secondo Moavero Milanesi «una dimensione tale da farci capire che solo l’Europa rappresenta il nostro futuro, perché nessuno dei suoi Stati, da solo, può affrontarli con successo. Un assetto di tipo più federale nella gestione dei fondi economici, dei flussi migratori, della lotta al terrorismo, può essere la risposta».

20 marzo 2017