50 anni di Bose, Enzo Bianchi: «Luogo di preghiera e dialogo»

Un forma monastica che «non è mutata in un nulla di sostanziale: allora come oggi, la preghiera al mattino, a mezzogiorno e al tramonto; la veglia nella notte del sabato; il lavoro; l’accoglienza di tutti»

«Un luogo di incontro tra cristiani di ogni confessione: cattolici, ortodossi, anglicani, riformati e luterani, copti e armeni». Così Enzo Bianchi, fondatore della Comunità di Bose, la descrive, in occasione dei cinquant’anni di vita monastica, nel numero di gennaio di Vita pastorale, anticipato al Sir. Una comunità «sorta nel solco degli insegnamenti del Concilio vaticano II», spiega il fondatore che ripercorre con la memoria «i tanti uomini e donne che ci hanno accompagnato e sostenuto con la loro preghiera e la loro amicizia fedele», a cominciare dal cardinale Michele Pellegrino.

Un forma monastica, quella di Bose, che «non è mutata in un nulla di sostanziale in questi cinquant’anni: allora come oggi, la preghiera al mattino, a mezzogiorno e al tramonto; la veglia nella notte del sabato; il lavoro; l’accoglienza di tutti». In particolare, Enzo Bianchi indica due caratteristiche di Bose: essere un luogo ecumenico e la vita di fratelli e sorelle insieme. «Dopo cinquant’anni, confessiamo che è una vita non solo possibile ma feconda e ricca di doni, che condividiamo nel quotidiano della preghiera e del lavoro».

 

18 dicembre 2018