200 persone in strada per ricordare Caterina Ciurleo, uccisa da un proiettile vagante

Il presidio della legalità vicino al centro commerciale di via Mazzolari, dove la donna, 81 anni, è rimasta uccisa. Don Coluccia: «Sì alla vita e al rispetto del territorio»

Un urlo di rabbia. Per dire la voglia di cambiare. È stato questo il presidio di legalità che si è tenuto venerdì scorso, 24 maggio, in via della Riserva Nuova, all’angolo con via Prenestina, a pochi metri dal centro commerciale di via don Primo Mazzolari – in zona Villaggio Falcone, a Roma est – dove il giorno prima era stata colpita da un proiettile vagante Caterina Ciurleo, una pensionata di 81 anni, deceduta il giorno dopo. Un colpo di pistola partito durante una sparatoria avvenuta probabilmente, secondo le prime ricostruzioni degli inquirenti, tra clan rivali, per il predominio delle varie piazze di spaccio.

A chiamare a raccolta i cittadini sono stati in particolare don Antonio Coluccia, sacerdote da anni impegnato nella lotta contro la criminalità organizzata e le mafie, e Nicola Franco, presidente del municipio VI. Circa 200 le persone che hanno partecipato al presidio, che è stato anche un momento di preghiera per ricordare la vittima, con striscioni e tanta commozione. «Stiamo parlando di una donna, una mamma, che ha avuto la sola “colpa” di trovarsi nel posto sbagliato nel momento sbagliato e questo è inconcepibile», il grido di don Coluccia. «Siamo qui – ha spiegato – non solo per pregare e dare vicinanza alla famiglia della vittima, ma per urlare che è assurdo, a Roma, morire per puro caso per strada. Sì alla vita e al rispetto del territorio – ha continuato – deve essere il mantra della vita quotidiana di cittadini, parrocchie, istituzioni e forze dell’ordine. Non è infatti il momento del silenzio, ma quello della presa di posizione, inequivocabile, per scardinare la violenza e il culto della droga che in queste zone, purtroppo, è diventata il Pil della criminalità organizzata». Sempre don Antonio Coluccia ha poi spiegato l’importanza della tanta gente presente: «Siamo andati in giro per il quartiere, con il megafono, a chiamare a raccolta tutti perché crediamo che il senso di comunità sia l’arma più potente: se siamo uniti i criminali avranno paura».

Preghiera e denuncia, quindi, ma anche «risveglio delle coscienze», come ha spiegato Nicola Franco. «In questo territorio non siamo nuovi a sparatorie o a regolamenti di conti, il problema è che questa volta ci è andata di mezzo una nonna innocente. Significa che siamo tutti in pericolo, sembra Bogotà». Una situazione che per il presidente può essere considerata una vera e propria escalation, se si considera che a settembre scorso c’è stato un omicidio nella vicina zona di Tor Bella Monaca, mentre appena 15 giorni fa un’altra sparatoria ha coinvolto e ferito una persona che, secondo le indagini, faceva da collegamento tra mafia albanese e ‘ndrangheta. Alla domanda dei cittadini su cosa sta facendo lo Stato, Franco ha risposto che «sicuramente in primis noi dobbiamo fare di più, ma non va dimenticato che nell’ultimo periodo, dopo 30 anni, sono arrivati 40 nuovi carabinieri e 25 poliziotti. Però – ha aggiunto – queste situazioni non sono nate ieri e tutti abbiamo fatto degli errori ma abbiamo anche il dovere di onestà da assumerci per il futuro».

Infine anche l’intervento di Alessandro Battilocchio, presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla sicurezza e lo stato delle città italiane e delle loro periferie. «Lo Stato – ha affermato – non è disposto a fare passi indietro e la nostra proposta è quella di organizzare un presidio permanente sul territorio, con il coinvolgimento diretto dei cittadini. Siamo qui per chiedere una mano, senza ovviamente dimenticare che è compito nostro pensare anche a interventi infrastrutturali che permettano a queste periferie di essere, come dice Papa Francesco, dei luoghi dove la città inizia e non dove finisce».

27 maggio 2024